Sara Ciampi, giovane scrittrice e poetessa genovese, ha presentato due libri: Gocce di tristezza di poesie e Il vento dei sentimenti di racconti (Edizioni Helicon di Arezzo). Ha festeggiato così i vent'anni d'attività presso il «Circolo dei Dipendenti della Carige» (via XX settembre). «Portiamo fortuna - ha detto il presidente Franco Giorgini -. Nel '95 noi presentammo il primo libro di Sara».
Lei scrive da quando aveva quattordici anni, ha pubblicato tredici opere con prestigiosi riconoscimenti italiani e internazionali tanto da esser candidata più volte al Premio Nobel per la Letteratura e inclusa nella «Rosa Nobel».
In un'atmosfera affettuosa, il fiorentino Rodolfo Tommasi, un signor critico (una carriera di qualità nel mondo dell'arte, in Rai-cultura, nei Giornali, nell'Editoria e firmando regie musicali), ha compiuto un sorvolo dei due testi. Li ha definiti «complementari, ma ciascuno dotato d'identità individuale». Il critico ha aiutato i molti estimatori presenti in una comprensione che sembrerebbe facile (Sara scrive in modo colloquiale, senza ermetismi o svolazzi), però come ha sottolineato Tommasi «la poesia è un codice che attiene alla mitologia dell'essere», quindi va decifrata.
Per prima cosa ha demolito l'aggettivo «tradizionale» che compare nella bibliografia: non è scrittrice tradizionale se non per il rispetto di valori tradizionali, anzi Sara è da mettere in discussione ad ogni nuovo libro. Il suo pessimismo (che l'ha fatta accostare a Leopardi) è «una posizione d'allarme sulle possibilità di osservare che si porta dietro sempre un contraltare». La sua poesia (emerge anche nei racconti, molto originali) è «un contenitore d'infiniti cromatismi percettivi, un rapporto dialettico con zone d'ombra che sovrintendono il paradigma vita/esistenza, è occhio dell'anima che rende lo stile contenuto, che dà consistenza all'elemento inconsistente». Come per Il vento dei sentimenti.
Ad esemplificare: l'autonalisi di Sara mira all'abbattimento delle convenzioni, serve a rifondare il concetto di umanità in rapporto al significato. Ce lo insegna il racconto Lo spaventapasseri e l'usignolo, dove l'uccello sentendo gocce cadergli sul capo, s'accorge che sono lacrime dello spaventapasseri. In un attimo si rompe la convenzione del «tu mi fai paura, io ho paura» (che domina tanti dei nostri rapporti) e nasce in lui l'amicizia.
Sara ha molto sofferto per malattie varie. Mi viene in mente il racconto della grande genovese Minnie Alzona «La bambina che voleva avere un dolore»: senza dolore la vita ci vizia, è il dolore ad insegnarci il mestiere di vivere. Ora Sara sta approdando ad una comprensione più larga, ad una solidarietà con gli altri che supera la solitudine, un cardine della sua tematica.
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