Il vento anticasta in Sardegna spazza via quattro Province, così come nelle intenzioni di chi si è recato a votare per i dieci referendum regionali proposti da un movimento trasversale guidato dal partito dei riformatori e sostenuto da 120 sindaci locali. Affluenza al 35,5% (525mila sardi) e quorum di un terzo degli aventi diritto superato. Una valanga di sì, circa il 97%, per cancellare le quattro Province di recente istituzione (del 2001): Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Olbia Tempio e Ogliastra. E cè la prima «vittima» eccellente: visto lesito del referendum, il presidente del Sulcis, Salvatore Cherchi, esponente di punta del Pd sardo, già deputato e sindaco di Carbonia, si è dimesso. «Rispetto lesito del voto», spiega. La Giunta sarà retta dal vicepresidente e resterà in carica per evitare la paralisi.
Dalle urne esce anche una forte ipoteca (attorno al 66% per il quesito consultivo) per abolire anche le quattro Province storiche: Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano. Vincono i sì anche negli altri 8 quesiti: via le indennità dei consiglieri regionali (oltre 97%, abrogativo), riscrittura dello Statuto autonomistico con lAssemblea costituente (oltre 94%, consultivo), taglio da 80 a 50 del numero dei componenti del Parlamento sardo (oltre 98%, consultivo), elezione diretta del presidente della Regione con le primarie (circa 97%, consultivo), eliminazione dei Consigli di amministrazione degli enti regionali (oltre 97%, consultivo).
Via da subito allora le quattro Province «nuove» per cui si dovrà trovare necessariamente una gestione transitoria.
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