Parigi - Nel giorno dell’ennesimo sondaggio a lui favorevole (netta prevalenza al primo turno col 29 per cento dei voti e vittoria sulla rivale socialista Ségolène Royal col 51 contro il 49 per cento al secondo turno), Nicolas Sarkozy, candidato presidenziale del centrodestra francese, ha presentato il suo libro Ensemble (Insieme), che è in realtà una lettera ai connazionali. È soprattutto un programma elettorale di 158 pagine. Per spiegarlo in anteprima, il leader dell’Ump (Unione per un Movimento popolare) ha tenuto un’affollata conferenza stampa. Di fronte ai giornalisti francesi e stranieri, ha fatto una premessa: «Né la sconfitta, di cui ho già fatto l’esperienza, né il successo, a cui mi sento preparato, mi fanno paura». Parola di Sarkozy. In campo economico la proposta chiave è la riduzione delle tasse dirette e indirette per un totale di quattro punti di Pil (Prodotto interno lordo) nell’arco di due mandati presidenziali, ossia di dieci anni. Come dire che Sarkozy mette in campo tutte le sue ambizioni: quella di riformare davvero il sistema fiscale e anche quella di restare all’Eliseo per almeno due lustri.
Sarkozy vuole istituire uno «scudo fiscale» al 50 per cento dei redditi: nessuno potrà essere obbligato a dare allo Stato (anche sommando le varie forme d’imposizione diretta) più della metà di ciò che guadagna in un anno. Per le spese sanitarie il leader dell’Ump pensa alla generalizzazione del sistema del ticket, circostanza che consentirebbe di ridurre il deficit dell’assistenza pubblica. Ma i fuochi artificiali riguardano il deficit e il debito pubblico: Sarkozy promette di azzerare il primo, presentando bilanci in perfetto equilibrio, e di riportare il secondo sotto la soglia del 60 per cento del Pil. Una soglia piena di ricordi: al vertice di Maastricht del dicembre 1991, i francesi - che avevano un debito pubblico largamente inferiore - imposero la barriera del 60 per cento per stabilire il limite massimo di rapporto debito-Pil in vista della nascita della moneta unica, ma poi i loro conti si sono degradati e oggi il loro rapporto debito-Pil è del 65 per cento. Sarkozy si presenta dunque ai connazionali come il «grande risanatore» dei conti dello Stato, proponendo di riportare entro il 2012 il debito sotto il 60 per cento del Pil.
Un altro focolaio di polemiche con la sinistra riguarda il programma di Sarkozy nel settore del lavoro, ispirato a principi di liberalizzazione e di flessibilità. Difficile pensare che un suo eventuale ingresso all'Eliseo non provochi malumori da parte delle principali confederazioni sindacali, che sono politicamente orientate a sinistra. Ma anche in questo caso l'obiettivo enunciato da Sarkozy è ambizioso: portare in cinque anni il tasso di disoccupazione, che viaggia attualmente attorno all’8 e mezzo per cento della popolazione attiva, al livello di appena il 5 per cento, realizzando di fatto il «pieno impiego».
Il programma di Sarkozy riguarda anche il rinnovamento istituzionale, ma in questo campo il leader del centrodestra è più prudente rispetto alla Royal e al centrista François Bayrou, che sognano persino il superamento dell'attuale Quinta Repubblica. Sarkozy dice che incaricherà un gruppo di «saggi» di analizzare questa materia, animando fin dalla prossima estate una Commissione di revisione della Costituzione. Dice poi che le riforme costituzionali «saranno di portata limitata». Niente rivoluzioni e niente «Sesta Repubblica», come vagheggiano alcuni dei suoi avversari. Una novità cara a Sarkozy sta nei criteri di formazione del governo. Quest’ultimo ruoterebbe attorno a una «équipe ristretta» di appena quindici ministri, che sarebbero di fatto dei «super-ministri». Tra essi ci sarebbe il titolare «dell’Immigrazione e dell’identità nazionale». L’ipotetica creazione di tale dicastero, cara a Sarkozy, sta provocando una raffica di polemiche, visto che le sinistre e il centrista Bayrou accusano l’Ump di utilizzare strumentalmente il tema dell’identità nazionale». Ma Sarkozy va avanti per la sua strada. «La Francia è esasperata - ha detto -.
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