«Gli sbarchi? Una minaccia per il turismo»

«Gli sbarchi? Una minaccia per il turismo»

Lampedusa, Sardegna. Gli sbarchi danneggiano. «Anche il turismo ne paga le conseguenze». Michela Vittoria Brambilla, ministro del Turismo, spiega come l’immigrazione incroci i suoi destini con una voce di guadagno fondamentale per l’Italia. E non succede solo lungo le coste, o nelle isole d’approdo dei disperati: è un fenomeno che tocca anche le grandi città. «Ci sono implicazioni importanti».
Di che tipo?
«Innanzitutto bisogna distinguere fra immigrazione legale e clandestina. Quella regolare ovviamente non produce effetti negativi sul nostro turismo, anzi. Spesso le strutture alberghiere e ricettive trovano ottimi collaboratori fra gli immigrati: sono un supporto importante».
In che percentuale sono impiegati?
«Circa il 10 per cento. Spesso svolgono occupazioni per cui è difficile trovare personale fra gli italiani».
Che cosa succede con l’immigrazione clandestina?
«Dilaga ovunque, e non mi riferisco soltanto a chi sbarca a Lampedusa ma, anche, ai moltissimi che entrano via terra. Ecco, questo dilagare contribuisce ad alimentare un clima di insicurezza nelle grandi città, a causa della microcriminalità diffusa: scippi, furti, rapine».
E come influisce sul turismo?
«I visitatori cambiano meta, i tour operator dirottano i clienti su altre destinazioni meno insicure».
Quali località sono colpite?
«Tutte le grandi città metropolitane. Ma anche le aree di vacanza: in agosto i clandestini si spostano sulle coste, soprattutto quelle del Centro Nord. Quindi è un fenomeno che tocca tutto il territorio».
Come avete rilevato questa minore attrazione delle città sui visitatori?
«Sono le imprese turistiche a segnalarci episodi critici, o il degrado di certi quartieri. L’altro giorno ero a Padova e sono stata sommersa dalle segnalazioni. D’altronde il turismo è la prima voce del Pil per la città».
Segnalazioni di che genere?
«La città è percepita sempre più come insicura, per colpa di spaccio e microcriminalità. I locali chiudono alle 8, non si riesce a mettere il naso fuori di casa, nemmeno nel centro storico. La bellezza del luogo è degradata, i turisti non vengono più volentieri».
Le lamentele da chi arrivano?
«Dalle imprese, dalle associazioni di categoria, dai cittadini. Sono canali spontanei: il turismo è impresa, quindi ci confrontiamo con gli operatori sul territorio, che conoscono la realtà. E in certi casi, come a Padova, le rimostranze sono forti».
Anche le conseguenze sul turismo sono così forti?
«Per ora il fenomeno è contenuto: ma, proprio per questo, l’azione del governo era fondamentale, per fermare sul nascere problemi maggiori».
È preoccupata?
«Ora non più. La strada intrapresa dal governo è quella giusta».
Altre località danneggiate? Lampedusa, per esempio?
«In questo caso il danno è di tipo diverso: non riguarda la presenza di clandestini che crea insicurezza, come nelle grandi città; è un danno d’immagine».
È comunque negativo per il turismo?
«Certo. A Lampedusa non ci sono clandestini in giro, l’isola è sicura, ma i flussi ormai sono associati al suo nome. Il danno è notevole. Perciò stiamo studiando una campagna di promozione dell’immagine dell’isola, per compensare i disagi subiti».


Altre mete di mare hanno lo stesso problema?
«Lampedusa, purtroppo, è in cima alla classifica. Ma l’Italia ha 8mila chilometri di coste... Siamo particolarmente esposti. Perciò è necessario intervenire con fermezza».

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