«Dopo dieci anni di riprese, sul set ormai non abbiamo più bisogno della consulenza dei poliziotti, anche se abbiamo sempre il loro appoggio». Parola di Cesare Bocci, alias il vicecommissario Mimì Augello. Mimì è lamico fedele e il braccio destro di Montalbano: non ha il suo stesso fiuto e a volte è inaffidabile, specie quando di mezzo cè qualche bella donna. Ma la sua lealtà al capo è fuori discussione, «anche se nella fiction Montalbano non perde occasione per cazziarmi», continua lattore. «Io e Luca sul set andiamo invece molto d'accordo e lui mi rispetta, visto che sono più vecchio», scherza.
Signor Bocci, quelli di Vigata sono «sbirri» italiani o siciliani?
«Italiani, addirittura un vicequestore a Roma mi ha fermato per la strada per dirmi che si riconosce nel commissariato di Vigata, perché si ride e si scherza, cè poca tecnologia e tanta voglia di fare, cè amicizia e qualche volta indignazione. Proprio come nella realtà. Tanti poliziotti e commissari mi hanno contattato per dire lo stesso...».
Eppure i vostri personaggi parlano in dialetto come nei romanzi di Andrea Camilleri.
«Proprio per questo anche il poliziotto di Belluno si identifica con facilità, anche lui nella realtà usa il suo dialetto».
Negli uffici di Vigata regna un clima divertente, a tratti persino un po goliardico. Anche sul set funziona così?
«Fino a un certo punto, perché lì stiamo lavorando e non mancano i momenti di tensione. Le comparse però sono sempre dispiaciute quando devono lasciarci, lappuntamento con le riprese di Montalbano nessuno di noi vuole perderlo».
Luca Zingaretti a un certo punto aveva pensato di mollare.
«Andrei in pensione con Montalbano. Ma nei suoi ultimi romanzi, Camilleri sta descrivendo un commissario sempre meno propenso a interagire con amici e colleghi. Ad ogni modo, finché Montalbano ne avrà bisogno, Mimì resterà al suo fianco, nei secoli».
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