Scacco al Genoa in sette (strane) mosse

L’interrogatorio dell’ex presidente del Torino, Attilio Romero, è stato fatto dopo che la procura aveva già passato le carte alla giustizia sportiva

Scacco al Genoa in sette (strane) mosse

(...) la cui ultima versione risulta aggiornata al 3 agosto (l’inizio del processo è del 5, l’annuncio della sentenza dell’8) verrà «girata» ai magistrati genovesi. Il problema ora è capire, qualora tutti gli accertamenti tecnici portino a confermare questo clamoroso autogol della Caf, cosa può accadere. Quasi certamente nulla dal punto di vista disciplinare sportivo. Per la Figc il caso è chiuso, il Genoa è in C. E pazienza se venisse dimostrato che era tutto preordinato. L’addetto stampa della Federcalcio, Stefano Balducci, cade dalle nuvole alla notizia: «Qui non ne sappiamo nulla». Poi prova a dare una spiegazione all’accaduto: «Ma è solo una teoria, sulla base di quello che scopro solo ora - premette -. Quella della Caf in realtà non è una sentenza, ma solo una decisione su una serie di ricorsi. Magari il segretario si è portato avanti col lavoro i giorni precedenti scrivendo una griglia con il testo di quello contro cui veniva fatto appello. E poi si è solo scritto accanto: “respinto”. Sarebbe normale scrivere già prima quello che si deve accogliere o respingere».
Obiezione: la Caf non è obbligata a dire solo «accolto» o «respinto». Può intervenire, integrare, modificare parzialmente la decisione di primo grado. Può limare una pena, cancellarla del tutto, ribaltare un verdetto o mitigarlo. È sempre successo e non può certo essere previsto prima che si apra il processo. E una considerazione, o meglio una battuta amara: siamo nel campo della giustizia sportiva, dove non vale la presunzione di innocenza? Bene, allora c’è una prova che accusa i giudici della Caf. Sta ora a loro dimostrare di non aver scritto la sentenza prima ancora di iniziare il processo. Per ora sono colpevoli. Al limite, comunque, resterebbe il «solito» segretario pasticcione su cui scaricare ogni responsabilità. È già accaduto in questa estate di processi e di sentenze «esemplari». E rileggendo tutta insieme la carrellata delle cose incredibili che sono accadute durante il caso Genoa-Venezia, non può quantomeno sfuggire la serie infinita di «coincidenze», tutte contro il vecchio Grifone.
Le prove trasferite. La procura di Genova accoglie il generale Italo Pappa e gli consegna subito il materiale su Genoa-Venezia. La stampa spiega che intanto per gli inquirenti l’inchiesta è già virtualmente chiusa. La procura di Torino si comporta in modo diametralmente opposto, non dà gli atti. Dopo le ferie, i magistrati genovesi ascoltano come testi anche i «torinesi», come l’ex presidente granata Attilio Romero, per completare il quadro. Elementi nuovi che ormai non potevano più essere acquisiti dalla giustizia sportiva che aveva già chiuso il caso. Tutto assolutamente legittimo, ma non a favore del Genoa.
Il Genoa in C prima della condanna. Rai, di tutto, di più. Non sarà una prova da usare nelle sedi giudiziarie, ma che il Genoa sarebbe stato condannato alla serie C qualcuno lo sapeva prima ancora che iniziasse il processo. Sul sito www.tuttalac.it dal 15 luglio il Genoa viene inserito in uno dei «probabili gironi della C». La pagina web sparisce l’8 agosto, quando pure era arrivata anche la seconda sentenza. Non solo. Su Raitre, domenica 24 luglio alle 15.30, tre giorni prima che la Disciplinare renda nota la sua decisione, viene data questo notizia: «Prima di collegarci con il Canada per i Mondiali di nuoto e con l’ultima tappa del Tour de France, diamo la notizia che il Genoa è retrocesso in C1». Maghi.
Le date della Disciplinare. È uno degli elementi su cui Lalla ha aperto il fascicolo per falso ideologico. Il primo comunicato della Disciplinare fa riferimento a un processo tenutosi tra il 21 e il 24 luglio (il primo giorno è stato invece il 23). Il secondo comunicato viene rettificato: dibattimento il 23 luglio, sentenza il 27.
L’accusa che decide. Anche dal secondo comunicato ufficiale risulta che alla decisione di condanna del Genoa «hanno partecipato per quanto di competenza il procuratore federale Ermidio Frascione (che non aveva neppure sostenuto l’accusa durante il processo, ndr) e il sostituto Stefano Palazzi». Non si tratta di un cliché precostituito di sentenza perché in precedenza questa espressione non era stata usata. Ma la colpa è della segretaria che si sarebbe sbagliata.
Le vicende extracalcistiche. Il presidente della Disciplinare, Franchini, rispondendo a un avvocato genovese, ha detto di essere convinto che alla base dell’inchiesta potrebbero esserci state anche «questioni extracalcistiche», riconducibili alle società di Preziosi. Altro elemento significativo che comunque non può influire sulla validità del processo.
I bigliettini della Caf. Il passatempo preferito di due giudici della Commissione d’Appello federale, con gli insulti a Preziosi, le frasi inneggianti a camorra e ’ndrangheta, i vaticini sull’esito del processo sono stati smascherati e resi pubblici dallo stesso presidente rossoblù. «Un comportamento inopportuno» è stato l’unico commento del presidente Figc, Franco Carraro.
Giudici dimezzati. La sentenza della Caf risulta firmata da soli cinque giudici su dodici. Un elemento che varrebbe la nullità di un atto che deve essere per sua natura collegiale, soprattutto considerando che è avallato da meno della metà dei giudici.
Ora il giallo della data della sentenza «scritta» come «ultima modifica» il 3 agosto. Da solo varrebbe l’azzeramento del processo che ha portato il Genoa in C.

Probabilmente potrà solo rafforzare le prove in mano alla procura di Genova che indaga sul falso ideologico e che potrebbe portare a un’eventuale istanza di risarcimento danni per il Grifone, di fronte alla quale la Figc potrebbe tentare una conciliazione. Tempi ancora lontani. E niente affatto certi.

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