Cede il muro finanziario della banda della Marranella. Oltre 5 milioni di euro sono stati sequestrati a un boss legato alla banda che ha insanguinato la capitale nellultimo ventennio. Lennesima spallata allimpero finanziario degli eredi di Sbarra e Nicoletti lha data il Gico, il gruppo speciale del comando provinciale della Guardia di Finanza. Lunghe indagini per il sostituto procuratore Luca Guido Tescaroli e limpiego degli uomini migliori delle Fiamme Gialle, ieri il blocco dei beni appartenenti o ricollegabili al malavitoso accusato di usura, riciclaggio, attività finanziaria abusiva. Ordinanza disposta dal presidente del Tribunale Giuseppe dArma.
Dieci immobili fra ville, appartamenti, negozi e terreni strappati dalle mani dellindagato, cinque società bloccate, sei automobili di lusso finite al deposito giudiziario, conti correnti in banche di Roma, Frosinone, Civitavecchia, Tivoli e Anzio «congelati». Ma è solo linizio, assicurano gli inquirenti che, per ora, mantengono uno stretto riserbo sottolineando, però, limportanza del recupero dei beni: «Capitali acquisiti illecitamente che, nelle mani della criminalità organizzata, sarebbero stati riciclati inquinando i mercati legali». «Lobiettivo degli investigatori è quello di colpire il patrimonio della malavita per azzerare le attività criminose», spiega il capitano Salvatore Mottola del Gico. «Una volta confiscati, questi beni saranno riconvertiti in opere di utilità sociale: scuole, ambulatori, asili. Questo laspetto dellinchiesta più interessante per la cittadinanza», conclude il capitano Mottola.
Secondo indiscrezioni, il «cravattaro» avrebbe ripulito il denaro derivante da usura ed estorsioni, in ambito edilizio. Decine i cantieri aperti tra la periferia sud-est e il litorale romano con altrettante imprese di costruzioni pilotate dallo strozzino. Tanto da insospettire i «segugi» della Finanza, allertati dalle parentele e amicizie compromettenti allinterno della cosiddetta banda della Marranella, una holding da brivido capeggiata dai sopravvissuti della banda della Magliana in alleanza con mafiosi e camorristi deccezione. Come la famiglia Moccia-Magliulo di Afragola, la più potente, o il capomandamento di Cosa Nostra a Roma Pippo Calò, padrino di Palermo Porta Nuova, laffarista con la faccia pulita che manteneva rapporti con Rolando Gaglieti, trâit-dunion con il braccio armato del gruppo gestito da Salvatore Sibio detto «er Tartaruga».
Unassociazione criminale che ha preso le redini della gang di Maurizio Abbatino, Enrico De Pedis ed Edoardo Toscano allindomani delloperazione Colosseo, la maxi-retata del 1993 che ha messo la parola fine alla guerra per il controllo della città. Da Trastevere e Testaccio, però, i nuovi criminali si spostano nelle aree più emarginate di Roma scegliendo come quartier generale Tor Pignattara, Centocelle, Ciampino.
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