La Scala cambia: più abbonati e un pubblico meno anziano

Un milione di euro di incassi in più rispetto alla stagione scorsa

Sabrina Cottone

da Milano

Il pubblico della Scala sta cambiando, anzi è già cambiato. I numeri dicono che gli abbonati sono in aumento, il 12,1 per cento in più rispetto alla stagione 2004-2005. Ma a dare l’idea della rivoluzione in platea e tra i palchi è che molte di queste persone sono nuovi abbonati. E ciò significa che se alcuni sono andati via (in fuga soprattutto dalla stagione sinfonica), in parecchi sono arrivati a prenderne il posto. C’è stato un vero e proprio rimescolamento nel primo anno dopo l’addio di Riccardo Muti, con delusi che hanno abbandonato abitudini consolidate da anni e hanno deciso di non rinnovare l’abbonamento. E debuttanti che li hanno prontamente sostituiti.
«Non abbiamo ancora dati precisi, ma parlando con la biglietteria l’impressione è che siano più giovani» commenta il sovrintendente, Stéphane Lissner. Pensando a questo pubblico diverso, Lissner ha in mente per il prossimo futuro «autori contemporanei con libretti più moderni». E poi c’è l’iniziativa che partirà il 15 gennaio: quattro «Domeniche alla Scala» durante le quali un adulto, pagando 12 euro, potrà portare gratis un minore a un concerto. Un modo per conquistare appassionati sin da bambini.
Naturalmente c’è da fare i conti con i tagli del Fondo unico dello spettacolo, che hanno tolto 5,7 milioni alla Scala. Ma il sovrintendente è ottimista: «Il 2006 sarà un anno difficile, però la programmazione è interamente confermata». Lissner annuncia che per far quadrare i bilanci si ricorrerà alla razionalizzazione, che non vuol dire riduzione degli organici («è escluso») ma revisione delle spese: «Cercheremo sponsor e faremo economia. L’obiettivo per quest’anno è di avere il 2,5-3% di minori uscite per centrare il risultato del 10% di spese in meno nei prossimi tre anni».
Il sovrintendente non sembra preoccupato neanche dalla possibilità che arrivi un tetto massimo al cachet degli artisti, ipotesi allo studio al ministero dei Beni culturali. Al momento la Scala è tenuta a rispettare un tetto di 18mila euro a recita, che vale sia per i direttori che per i cantanti (al quale naturalmente possono aggiungersi, e spesso si aggiungono, contributi degli sponsor e diritti televisivi). «Quelli della Scala sono cachet tutt’altro che elevati ed è impossibile che si arrivi a un tetto inferiore. Semmai sarà un problema per altri teatri» prevede Lissner.
Il risultato della campagna abbonamenti fa ben sperare anche per il resto. Gli abbonati del 2005-2006 sono 12.483 contro gli 11.139 della scorsa stagione. Il prezzo dei biglietti è rimasto uguale ma grazie ai nuovi arrivati la Scala ha incassato quasi un milione di euro in più (9,1%). I sei turni della stagione lirica e balletto hanno portato a 865 abbonamenti in più, con un ricambio di circa il dieci per cento.
L’eco del terremoto si sente nei concerti: dei 3.821 abbonati dello scorso anno, hanno confermato il posto fisso per la stagione sinfonica meno della metà e cioè 1.524 persone, mentre il resto (2.294) sono tutti nuovi arrivi. Grande successo delle “formule speciali”, i mini abbonamenti (a due o più titoli di opera o balletto) che hanno avuto un’impennata del 23 per cento.

In questo rimescolamento sono diminuiti i posti concessi a condizioni agevolate e così la Scala incassa dai concerti il 3,5 per cento in più. Tutti dati che piacciono a Lissner: «La risposta e la fiducia del pubblico per me sono le cose più importanti. E il buon andamento degli abbonamenti è un buon segnale anche per l’intera stagione».

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