"La Scala è come un tempio laico, ha bisogno di un'identità forte"

Il sovrintendente Fortunato Ortombina: "Non serve la figura del direttore generale. Parlo coi registi"

"La Scala è come un tempio laico, ha bisogno di un'identità forte"
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Fortunato Ortombina è il nuovo sovrintendente della Scala. Ha preso servizio nel febbraio 2025. Profittando della calma estiva, lo abbiamo incontrato per farci raccontare cosa bolle in pentola.

La stagione 25-26 l'ha ereditata. Quella successiva sarà tutta sua?

"Al 95%. Si apre con Otello".

Come l'ultima sua stagione a Venezia.

"Stesso titolo, ma cast diverso. Rispetto a quello veneziano, rimane solo il direttore d'orchestra Myung- Whun Chung".

Che alla Scala ha un contratto da direttore musicale fino al 2030. Poi? Sono in tanti a sognare Kirill Petrenko...

"Stiamo costruendo un percorso con Chung. Petrenko ha un bel rapporto con la Scala, dove tornerà, ma ha anche un contratto con i Berliner. Ci si parla".

Rimane vacante il ruolo di Direttore generale. Verrà colmato?

"Non sono convinto serva davvero quella figura. O almeno, non con quel nome. Ne parleremo dopo la prima stagione".

È stato riformulato il decreto sul pensionamento dei sovrintendenti, quindi lei potrebbe proseguire il mandato oltre i 70 anni. Ci pensa?

"Mi sono dato degli obiettivi e se non saranno raggiunti, è giusto che arrivi qualcun altro. Non farò nulla per forzare un rinnovo. Sarà il lavoro a parlare".

La sua nomina è stata letta da alcuni come uno stop all'internazionalizzazione avviata dai predecessori stranieri.

"La Scala è internazionale per sua natura, lo è dai tempi di Stendhal. Ma più ti apri al mondo, più devi avere un'identità forte. Internazionali non vuol dire importare pacchetti preconfezionati da fuori, semmai esportare il nostro saper fare opera".

Infatti si torna a viaggiare. Dove andrete?

"In Corea, dove inaugureremo l'Opera di Busan. Non voglio che sia una presenza-vetrina, ho chiesto infatti che intitolino il teatro a Verdi. Ci sarà molto Est ed extra-Europa".

E se arrivasse un invito dalla Russia?

"Mi auguro che si creino le condizioni perché succeda".

Dopo il Boris Godunov del 7 dicembre 2022, la Scala di nuovo aprirà la prossima stagione con un'opera russa: Sostakovich.

"La musica è a un livello talmente alto che ogni discussione ideologica diventa irrilevante. Nel 2023 la Fenice ospitò un'orchestra ucraina per la pace. Che però rifiutò musica russa. E aprì con la sinfonia della Forza del destino, scritta per San Pietroburgo. Nessuno se ne accorse. Non commento".

Opera, letteratura, cinema, un tempo formavano coscienze, oggi non incidono sul tessuto sociale. Cosa è l'opera oggi?

"Rito, identità, emozione. Una sacra scrittura che parla ancora al nostro profondo. Dall'opera sono nati cinema, letteratura, tutto. Il cinema non ha inventato niente che non ci fosse già nel melodramma. È un classico, direbbe Calvino, che porta con sé il peso delle letture passate e genera senso ogni volta".

E la Scala, che ruolo ha in tutto questo?

"È il luogo dove Milano sogna in coro. Come certe chiese tedesche con i corali di Bach. È un tempio laico. Sono convinto che se fra tre milioni di anni dei paleontologi facessero carotaggi per risalire al Dna di Milano, non lo troverebbero in Duomo o al Castello o università, cimiteri: ma qui".

La Scala è il sogno proibito di registi e scenografi. A volte andrebbero però difesi da loro stessi. Voi sovrintendenti che potere avete?

"Con gli spettacoli ereditati non ho potuto far molto. Ma scegliere un regista è già un gesto forte. Poi si parla: se c'è dialogo si lavora bene. Se no, ognuno va per conto suo. Tutto parte dalla scelta di partenza".

Come va il progetto Rubattino, la futura cittadella della Scala?

"È una tappa obbligata. Cambia l'urbanistica di Milano, e anche la Scala deve pensare almeno ai prossimi 100 anni. Unire laboratori, archivi e depositi in un solo luogo è vitale. C'è un dialogo con ministero e Comune. Sono ottimista".

La nuova sala prove della Palazzina Verdi ha qualche problema, dicono i musicisti. Perfetta per le registrazioni, un po' meno per le prove d'orchestra.

"Stiamo sistemando".

Nel 2028 la Scala compie 250 anni. Come si festeggia?

"Con un progetto collettivo. Coinvolgeremo università, musei, teatri, il Piccolo, la Fabbrica del Duomo... Sarà una festa della Scala e della città".

Ci svela almeno un'iniziativa?

"Una mostra diffusa per celebrare un'identità culturale condivisa".

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