Scala in trasferta in Ghana Applausi a Barenboim

\ e l’orchestra della Scala al debutto nell’Africa nera, la prima volta degli artisti, un avvenimento eccezionale per il pubblico. Non si è mai visto un concerto di musica classica dal vivo in Ghana, né altrove qui nel cuore del Continente con il ritmo nel sangue. Prima che volino le note, una voce dall’altoparlante chiede di non battere le mani. Un appello inutile, perché gli applausi entusiasti accompagnano e a volte rompono i movimenti ed è il bello di questa esecuzione trasmessa in diretta tv. La sinfonia appassiona e conquista, lo racconta il consenso che accompagna il coro del maestro Bruno Casoni, le voci soliste di Waltraud Meier, Measha Brueggergosman, Ian Storey, Kevin Deas. È standing ovation davanti all’inchino di Barenboim. La Scala è ad Accra per le celebrazioni del cinquantenario dell’indipendenza del Paese, il primo dell’area a ottenerla. Nel palco d’onore il presidente della Repubblica, John Kufour, Letizia Moratti, sindaco di Milano e presidente della Fondazione Scala, Kofi Annan, ex segretario generale dell’Onu. In sala maschere inconsuete, variopinte in abiti e turbanti oro, verde e rosso, i colori nazionali che impazzano anche nelle mise eleganti di signore e signori, professionisti e ministri, l’upper class del Ghana liberista e tradizionalissimo insieme. Il concerto è nato da un’improvvisazione di Kofi Annan, che era tra il pubblico dell’Eroica diretta da Barenboim il 16 gennaio alla Scala. In camerino, insieme al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, gli ha chiesto di dirigere a Accra. Detto fatto, con un rapidissimo via libera del sovrintendente, Stéphane Lissner, e della Moratti.
«La musica ha un contenuto esistenziale, che parla a tutti. Se si potesse spiegare a parole, non ci sarebbe bisogno di eseguire Beethoven!» dice il maestro e conquista risate rumorose in platea tra le mille e quattrocento persone che hanno riempito il National Theatre con in mano un invito o un biglietto costato trecentomila cedi, quasi trenta euro, da queste parti un’enormità. L’acustica non è perfetta, nel pianissimo del quarto movimento gli archi quasi scompaiono, ma non ci si poteva aspettare di più da un teatro abituato a ospitare sketch comici e le sonorità potenti dei tamburi africani, dove il silenzio non è mai pieno perché semplicemente non esiste in natura e in cultura. Trilla anche qualche telefonino, c’è persino chi risponde e non è certo la serata giusta per chiedere il rispetto dell’etichetta.


È un pubblico colto, con tanti musicisti, inclusi i trentacinque orchestrali della National Symphonic di Accra, che non si sono voluti perdere la serata e sono costretti a scappare via on un certo trambusto prima del finale. Con un fuori programma d’eccezione, le voci del coro della Scala che intonano «O sole mio» e «Vitti ’na crozza». Prima volta in Africa.

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