I loro «non ci sto» sono proverbiali. Ma questa volta non potranno usarli. Perché i pm di Palermo che indagano sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, hanno deciso di ascoltarli. Del resto, in quellannus horribilis che fu il 1993, con le stragi mafiose in trasferta al Nord, lo Stato erano loro: Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica, e Carlo Azeglio Ciampi, presidente del Consiglio. E, se trattativa di pezzi delle istituzioni con lanti-Stato davvero cè stata per fermare lescalation stragista, è difficile che non sapessero.
Una decisione inevitabile, quella dei pm della procura di Palermo, che mercoledì prossimo voleranno a Roma per sentire, al Senato, i due ex presidenti della Repubblica. Inevitabile dopo la rivelazione, fatta in commissione Antimafia e poi ribadita in un interrogatorio-fiume di fronte ai pm della Procura di Palermo, del Guardasigilli dellepoca, Giovanni Conso: quella di non aver prorogato, nel novembre del 93, il carcere duro per 140 boss per evitare altri stragi. «Fu una mia personale iniziativa», ha detto Conso prendendo su di sé tutta la responsabilità delliniziativa. Responsabilità che giusto qualche giorno fa Ciampi gli ha lasciato per intero, ricordando che era proprio il Guardasigilli che nel 93 che si occupava di 41 bis. Ma fu davvero così? Possibile che quelli che allepoca erano i massimi vertici istituzionali, non abbiano avuto sentore di nulla? Possibile che non sappiano? Scalfaro, il presidente della Repubblica eletto nel maggio del 92 allindomani della strage di Capaci? Ciampi, lodatissimo da premier prima e amatissimo da capo dello Stato dopo? Possibile?
Difficile, per i signori «non ci sto», opporre ai magistrati il silenzio a queste scottanti domande. Difficile anche spiegare ai pm come mai loro, paladini della legalità, in un momento cruciale qual è stato quello del dopo stragi e dei nuovi eccidi del 93 fuori dalla Sicilia (gli attentati di Roma, Firenze e Milano), abbiano potuto avallare senza dir niente la mancata proroga del regime di carcere duro a una nutrita schiera di mafiosi. Oddio, Scalfaro allepoca non è che fosse a favore del 41 bis. Lo ha ricordato in tempi non sospetti lex Guardasigilli Claudio Martelli, che sentito dai giudici di Firenze nel 2002 ha rievocato le resistenze di carattere costituzionale del Colle rispetto al carcere duro ai mafiosi. Ma lex capo dello Stato oggi liquida il capitolo trattativa con un «non ci sto» dei suoi: «Debbo dire - ha dichiarato Scalfaro sul tema dopo lauto jaccuse di Conso sul 41 bis negato - che sono stato ministro dellInterno, sono stato presidente della Repubblica: mai mi è giunta una notizia che avesse un quid di serietà». E anche Ciampi replica con un «non ci sto» alle ombre gettate sul suo governo del93 dalla rivelazione choc del suo ex Guardasigilli: «Il mio governo si prese le bombe della mafia a Milano, a Firenze e a Roma. E ora proprio io mi devo sentire sotto accusa?».
Cosa accadde in quel 1993? Davvero, come ha sostenuto qualche giorno fa il capogruppo al Senato del Pdl Maurizio Gasparri polemizzando proprio con Scalfaro, che in quel 93 «si prese una decisione così sconcertante come quella di inginocchiarsi davanti alla mafia»? Lammissione di Conso, «non firmai per evitare altre stragi», apre squarci inediti. Ed evoca fantasmi. Come quelli mai approfonditi delle dichiarazioni del pentito Giovanni Brusca, tra i primissimi a parlare di trattativa, che al processo DellUtri, a proposito delle stragi del 92 e del 93, ha messo a verbale, sibillino: «La sinistra era a conoscenza. Chi comandava in quel momento sapeva quello che accadeva in Sicilia e nel Nord Italia». O come un altro fantasma mai chiarito, quello dellattentato di mafia fallito allo stadio Olimpico di Roma. Leccidio doveva svolgersi proprio tra ottobre e novembre del 93, stessa epoca del 41 bis ai boss bloccato da Conso. La strage fallì. E non fu mai più realizzata.
Plaude allaudizione dei due ex capi dello Stato proprio Gasparri, che ha chiesto laudizione dei due presidenti emeriti anche in commissione Antimafia: «Scalfaro e Ciampi diranno di non sapere nulla. Ma noi non accetteremo questa versione dei fatti. Come Pdl lanceremo una campagna nazionale per la verità sulla resa alla mafia al tempo di Ciampi, Scalfaro, Conso e Mancino».
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