Scandalo mutui Usa Il suicidio con giallo del supermanager

David Kellermann era un 41enne di successo. Sposato, alto, palestrato, gli occhi azzurri, i lineamenti regolari, lo sguardo da bravo ragazzo. Era diventato rapidamente un top manager, ma non aveva la fama da squalo della finanza. Al contrario: in ufficio era benvoluto da tutti. L’altra notte, nella sua bella casa a Reston in Virginia, si è impiccato. Senza un perché, apparentemente.
Depressione? È possibile, anche se la notizia ha sorpreso tutti. Se aveva davvero perso il piacere di vivere era riuscito a mascherarlo benissimo. Non sarebbe la prima volta, peraltro. Ma Kellermann lavorava per Freddie Mac, il colosso dei mutui immobiliari che il governo americano ha dovuto salvare dal fallimento lo scorso autunno, iniettando decine di miliardi di dollari, e di fatto nazionalizzandola, come peraltro è avvenuto con Fannie Mae.
E scavando nella sua vita professionale emergono indizi che potrebbero avvalorare l’ipotesi di un suicidio legato al tracollo finanziario della società o alle feroci polemiche sui bonus ai grandi dirigenti. Forse l’atletico David ha fatto carriera troppo in fretta e non ha sopportato alla pressione mediatica o forse temeva che fossero state individuate alcune sue responsabilità e ha perso la testa, nascondendo la verità persino a sua moglie, che ha scoperto il cadavere del marito all’alba.
Dalla scorsa estate altri finanzieri si sono suicidati, come il francese Thierry Magon de la Villehuchet o l’industriale tedesco Adolf Merckle, ma senza misteri: avevano perso miliardi. In teoria Kellermann era pulito. Sì, era il direttore finanziario di Freddie, ma era stato nominato dopo il salvataggio del governo, con l’incarico di risanare un gruppo che conosceva benissimo. Era stato assunto nel 1992 come analista finanziario ed era salito rapidamente, fino a ricoprire nel 2007-2008 gli incarichi di senior vicepresidente e, soprattutto, di capo dell’accounting ovvero del controllo di bilancio. Quando poco più di sei mesi fa l’architetto della finanza creativa e artefice del tracollo Anthony S. Piszel era stato costretto ad andarsene, la sua candidatura era stata giudicata ottimale da tutti; anche dal Tesoro.
Nell’ultimo mese la situazione è cambiata improvvisamente. Il nuovo numero uno del gruppo David Moffett si è dimesso, mentre è esplosa la protesta contro i bonus milionari accordati ai manager del gruppo assicurativo Aig. E la polemica ha lambito anche Freddie. I giornali hanno svelato che Kellermann, come gli altri dirigenti, aveva ricevuto un premio da 850mila dollari. Pochi rispetto alle somme elargite dalla stessa Aig, dalla Royal Bank of Scotland o dalla Merrill Lynch eppure troppi per l’opinione pubblica esasperata dai mega salvataggi a carico del contribuente. E al riservato David non aveva fatto piacere vedere il proprio nome sbattuto in prima pagina. Ma a turbarlo di più era, verosimilmente, l’inchiesta avviata in marzo dalla Sec, l’organismo di controllo di Borsa, e dal Dipartimento di giustizia. Per settimane i funzionari hanno analizzato la contabilità degli ultimi anni per verificare sospette violazioni contabili, sfuggite o comunque approvate tacitamente dai revisori ovvero, fino al settembre 2008, principalmente Kellermann stesso.


Che cosa hanno scoperto i funzionari? Forse la prova che David è stato a lungo complice dei vertici o forse nulla. Forse lo scandalo era solo nella testa di David, che non ha retto e mercoledì all’alba ha rinunciato a se stesso e all’amore della sua famiglia.

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