Lo scandalo Pacenza fa tremare la sinistra

Gian Marco Chiocci

nostro inviato a Catanzaro

Fratelli coltelli, amici e nemici, spesso coindagati, talvolta solidali e talvolta no con l’alleato in disgrazia. Nella regione che vanta il maggior numero di assessori e consiglieri sott’inchiesta (24), con un collega della Margherita ammazzato dall’intreccio politico-mafioso denunciato dalla vedova, con le procure locali sotto processo per faide interne e procedimenti boomerang, l’intercettazione in carcere fra il deputato-visitatore Ennio Morrone dell’Udeur e l’ex detenuto-capogruppo dei Ds calabresi, Franco Pacenza, fa un certo effetto.
Per come ormai vanno le cose in questa terra dimenticata, potrebbero anche apparire scontati gli sviluppi favorevoli che il parlamentare del ministro Mastella prospetta all’esponente ds a proposito di un pm «bastardo, ladro, che ha trent'anni e sappiamo con chi se la fa», di un gip «che presto sarà trasferito il 20 agosto e tu poi esci», oppure di altri magistrati importanti, amici degli amici, parenti di parenti, contattabili o già contattati. Tra chi si sarebbe dato da fare - capta la cimice - c’è «Adamuccio», al secolo Nicola Adamo, compagno di partito e di lì a poco anche di sventure giudiziarie visto che il 5 settembre il vicepresidente della giunta calabrese finirà indagato con la moglie per associazione per delinquere, abuso d’ufficio e truffa.
Aspettando il guardasigilli che difficilmente invierà un ispettore in Calabria per capire come mai un (suo) deputato - che da un lato lamenta una violazione delle sue prerogative parlamentari, e dall’altro smentisce d’aver detto quelle frasi - è stato intercettato nonostante l’autorizzazione del gip, sulla scia del caso Pacenza nel centrosinistra tornano a volare corvi, circolare veleni e vendette. Esponenti dell’Italia dei valori rispolverano la lungimirante uscita di Antonio Di Pietro avverso il corteo di politici che si era presentato in carcere da Pacenza. E anche il fratello del gip Giuseppe Greco che arrestò l’esponente dei Ds, già tirato in ballo dal centrosinistra, compreso Morrone, per la candidatura con l’Idv, di buon’ora si prende la rivincita: «Dissero che Di Pietro li aveva criticati perché io ero contestualmente fratello del gip di Pacenza e candidato col suo partito. Una meschineria. Io con Di Pietro non ho mai parlato - spiega al Giornale Pierpaolo Greco - non l’ho mai visto anche perché sono risultato il primo dei non eletti. Quanto sta accadendo è la dimostrazione che aveva ragione lui, i fatti si commentano da soli... ».
Sul punto Gasparri e Storace di An chiedono lumi al governo. Il primo sollecita Prodi a intervenire per capire se vi sono pressioni su magistrati considerati scomodi perché indagano a sinistra. Il secondo stuzzica Di Pietro, chiedendogli se non sia il caso di dimettersi. Oggetto di ripicche politiche e di interrogativi sull’effettivo ruolo dei pm in determinati processi, anche il ds Marco Minniti, sottosegretario all’Interno. Era stato duro, durissimo coi magistrati di Pacenza. Aveva invece taciuto col pm di Nicola Adamo. «Pacenza? Trattasi di errore giudiziario», disse a caldo Minniti, il cui nome adesso compare negli stralci del famoso dossier mafia-appalti del Ros inseriti in un’ordinanza d’arresto per 17 mafiosi emessa dal gip di Reggio Calabria, Maria Arena. Il documento sui contatti fra il boss Mico Libri e l’imprenditore Alampi di cui la politica regionale spettegola, e sul quale un deputato sta per presentare un’interrogazione mirata a far luce sull’iter tortuoso dell’inchiesta sui Ds che costò il posto al maggiore De Donno, riferisce per la prima volta degli accertamenti che hanno sfiorato una società del suocero, della moglie e del cognato del viceministro, interessata ad aggiudicarsi l’appalto conteso dai clan al Centro direzionale di Reggio.
Nella medesima ordinanza emergerebbero numerose frequentazioni di politici della Quercia con mafiosi di vario lignaggio. In questo clima da coltellate alla schiena nemmeno la Margherita può far la voce grossa visto che per il capogruppo consiliare, nonché ex presidente della provincia di Crotone, Enzo Sculco, la procura ha chiesto 8 anni di galera. Un caos. Ogni giorno ce n’è una per il centrosinistra calabrese. L’ultima bomba l'ha lanciata il battagliero deputato di An, Angela Napoli, che al processo per l’omicidio di tal Luigi Ioculano ha scoperto un pentito prodigo di particolari su uno scambio di voti datato 1995.

Le cosche Piromalli e Molè - rivela il collaborante - decisero di appoggiare Giuseppe Luppino, attuale presidente della società Piana Ambiente coinvolta nell’inchiesta Poseidone, candidato nel 2006 con l’Udeur di Mastella: ad aprile per le politiche, a maggio per le comunali di Gioia Tauro. Come si vede ogni partito ha la sua grana quotidiana. Tutti per uno, Pacenza per tutti.

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