Controcultura

Lo scandaloso amore di Croce per la libertà

Benedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 – Napoli, 20 novembre 1952) è stato il maggior pensatore liberale del Novecento in Italia: un maestro che non ha (quasi) lasciato allievi

Lo scandaloso amore di Croce per la libertà

La produzione saggistica di Giancristiano Desiderio su Benedetto Croce assume ormai una capillare e accurata circolarità. Tre decenni di articoli e di saggi che scandagliano ogni anfratto della filosofia crociana approdando anche alla narrazione di fatti minori o alla pubblicazione di documenti inediti. Come segnavia... la religione della libertà a cui lo studioso abruzzese si tenne sempre ben saldo, per la verità a partire però dall'omicidio di Giacomo Matteotti, quando iniziò quel suo magistero antifascista marchiato a fuoco dall'affermazione di Norberto Bobbio («Croce, coscienza morale dell'antifascismo italiano») negli anni repubblicani.

Abruzzese? Beh, tra le molteplici pubblicazioni di Desiderio anche un volume su questa dualità tra origini abruzzesi e animo napoletano, che è insieme scissione e vincolo sottaciuto: «La costruzione del pensiero di Croce non è da ricercarsi solo nella filosofia di Hegel ma anche nella risposta che diede alla sua vita dopo il terremoto di Casamicciola per rifarsi una fede sulla vita e i suoi fini e doveri». Come filo conduttore l'idea di un Croce come scandalo dato che continuò a tenersi legato alla coscienza della libertà sotto il fascismo e poi, quando all'orizzonte si prospettava la nuova Chiesa totalitaria, quella del partito comunista italiano.

Scandalo anche per una critica serrata a ogni forma di insulso moralismo (oggi lo definiremmo «qualunquismo») quando sosteneva che la vera onestà in politica fossero le attitudini al buon governo: «L'ideale che canta nell'anima di tutti gli imbecilli e prende forma in tutte le loro invettive e utopie è quello di una sorta d'areopago, composto d'onest'uomini, ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del Paese». Ma scandalo anche per le policrome fatiche sul credo liberale come dottrina e insieme pratica quotidiana da alimentare rendendola spuria da ogni intangibile teorizzazione: «Il filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo».

Se allora vita e pensiero debbano essere intesi insieme, come vita filosofica, Desiderio viene in nostro aiuto strutturando una trilogia, scritta nel corso di sette anni, dal titolo Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce, grazie alla quale ricolloca - in un primo volume - con precisione filologica e grazie a distinte aree tematiche, i vari nessi (la biblioteca come strumento di lavoro, il fascismo, il comunismo, l'idealismo). In un secondo volume l'amore per Angelina Zampanelli... storia intima e personale che si confonde anch'essa con la vita filosofica e con un'esistenza «tutta attraversata da un'angoscia cronica, prima selvatica e fiera e poi domestica e mite» e che per questo non può che incrociare anche l'amicizia e la rottura con Gentile e l'amore coniugale. E infine, in un volume conclusivo, uscito da poco per Aras edizioni e che ha come sottotitolo Sull'estetica e la critica letteraria, indugia sulle similitudini tra storia della poesia e storia della libertà.

L'Estetica è il libro più conosciuto di Croce, ma rappresenta anche la fondazione «di quella scienza della vita sensibile-estetica senza la quale l'uomo non è uomo». Avversando «le presuntuose idiozie dei teorici della filosofia pura», Croce pone la comprensione della vita estetica come unico modo per accedere alla filosofia. E se l'arte è la prima forma dello spirito teoretico e definibile come intuizione dell'individuale, in fondo, la filosofia non farebbe altro che rendere espliciti concetti che tutti, in maniera diretta o indiretta, possiedono.

Anche quello della libertà.

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