Scatto d’orgoglio e Suzuki si sgancia da Volkswagen

L’immagine, scattata in marzo del 2010, a Ginevra, del canuto Osamu Suzuki tra i giganti Martin Winterkorn e Ferdinand Piëch, all’annuncio ufficiale dello scambio azionario tra Suzuki e Volkswagen, sembra ormai una cartolina sbiadita. Quella che doveva essere una vera alleanza tra pari (secondo i giapponesi), garantita dal 19,9% delle azioni Suzuki acquistate da Volkswagen che cedeva, a sua volta, l’1,3% del proprio capitale al nuovo partner, in 18 mesi non ha partorito nemmeno l’annuncio di un progetto. E allora i nipponici, che di essere incorporati in Volkswagen (la partecipazione è inserita nel bilancio di Wolfsburg come «consolidata») non ne vogliono sapere, hanno annunciato, attraverso la consociata Maruti-Suzuki India, che le due small car - una per il mercato indiano, e una con ambizioni global - quelle che erano al centro del primo accordo coi tedeschi, se le farà da sola, cominciando a svilupparle nel nuovo centro indiano di Rohtak, recentemente finanziato con un investimento di 22,7 milioni di euro. Non si può escludere che a motorizzarle possa provvedere Fiat, dopo i nuovi accordi per la fornitura di propulsori diesel siglati con la casa di Hamamtsu e l’annuncio che gli eredi dei Suv compatti Sedici e Sx4 saranno ancora prodotti nel sito magiaro di Suzuki.


La leadership mondiale, con oltre 10 milioni di veicoli l’anno, da conquistare entro la metà del decennio, è di sicuro alla portata del potente gruppo Volkswagen, ma, a questo punto, difficilmente a Wolfsburg potranno conteggiare i «numeri» di Suzuki che nell’anno fiscale 2011 ha venduto 2,64 milioni di autovetture.

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