Pompei in love. Beh, più che in «love», in «puttan tour». Il boom risale ai tempi di Sodoma e Gomorra. Ma anche oggi dalle parti degli archeologici lupanari ferve l'attività. Benvenuti nella zona dei porno-scavi. Dove i turisti a Natale e Capodanno sono rimasti fuori dai cancelli (per spiegazioni sulla chiusura chiedere al ministro Franceschini), mentre lucciole e clienti rinverdivano i fasti delle antiche domus dove il sesso mercenario ha sempre tirato alla grande.
Nell'antichità - narrano i testi proibiti dell'epoca - la prostituta numero uno si chiamava Myrtis; la quale Myrtis pare fosse tanto brava che un cliente, soddisfattissimo della prestazione ricevuta, la gratificò con una targa-ricordo con su scritto «Bene fellas» (dove ogni riferimento ai piaceri della fellatio era puramente voluto). Oggi tra via Plinio e via Roma, cioè l'area urbana che divide la Pompei incenerita dal Vesuvio dalla Pompei arroventata dalle marchette a luci rosse, la degna erede di Myrtis si chiama Poppeo ed è un trans di Posillipo con la nona di reggiseno. Anche lei nelle notti di Natale, Santo Stefano e San Silvestro ha santificato le feste, offrendo un po' di conforto e calore umano (molto calore umano) ai viandanti che si aggiravano dalle parti di Porta Marittima, uno degli ingressi off limits degli scavi pompeiani: i più famosi al mondo, ma pure i più disgraziati. Tanto disgraziati che qui, lo scorso 28 settembre, i carabinieri sorpresero una lucciola brasilina in dolce compagnia con un cliente, teneramente appartati all'interno di una delle domus storiche, visitate ogni giorni («Ma non a Natale e Capodanno», almeno secondo la stravagante tesi del ministro Franceschini) da turisti provenienti da tutto il mondo.
Dettagliato il verbale stilato dai carabinieri intervenuti per interrompere il «congresso carnale» in atto fra gli scavi: «In data 28 settembre la suddetta coppia, dopo aver eluso il sistema di videosorveglianza, veniva sorpresa in atteggiamenti inequivocabili all'interno di un'antica domus. L'uomo, con precedenti per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, aveva i pantaloni abbassati. Lei, in abiti molto succinti, si è giustificata sostenendo di “aver scavalcato il muro perché doveva fare pipì“». Il tutto a poca distanza dalla celebre Villa Misteri. Ma qui non è certo un mistero per nessuno che la strada da cui la coppia si era furtivamente introdotta è ad alta frequentazione di scambisti, prostitute e trans.
A confermare il fenomeno sono le 140 contravvenzioni in 15 giorni, tutte per «esercizio del meretricio nei luoghi pubblici», elevate dai carabinieri di Pompei lo scorso novembre anche nell'area del sito archeologico. «La violazione commessa dalle lucciole - precisano i militari dell'Arma - trasgredisce l'ordinanza sindacale che vieta la prostituzione e l'adescamento in luoghi pubblici. L'importo totale per le violazioni accertate ammonta a 69.500 euro». A questo punto ogni commento sarebbe superfluo.
Il paradosso di un Paese che lascia fuori dagli scavi i turisti, ma consente che l'area archeologica sia un bordello a cielo aperto, è sotto gli occhi di tutti. Compresi quelli stranieri. Come testimonia Antonio Irlando, dell'Osservatorio Patrimonio Culturale, che ieri mattina ha passato alcune ore davanti agli ingressi degli scavi archeologici di Pompei: «Decine di pullman pieni di turisti, perlopiù asiatici, delusi per avere trovato gli scavi archeologici di Pompei chiusi, qualche selfie davanti ai cancelli sbarrati, niente servizi igienici a disposizione dei visitatori “mancati“, e solo una bancarella di souvenir aperta». Uno scenario imbarazzante, con buona pace del quotidiano La Repubblica che nei giorni scorsi ha difeso l'indifendibile ministro Franceschini.
«C'erano molti giapponesi e coreani che avevano prenotato questa visita molto tempo fa e su cui si è abbattuta la decisione del ministero di tenere chiusi gli scavi», racconta Irlando. Alcuni turisti l'hanno presa con filosofia: hanno acquistato qualche oggettino, hanno usato l'unico bagno disponibile, quello dell'unico vigile urbano presente che lo ha messo subito a disposizione dei turisti, un selfie davanti i cancelli sbarrati e poi via, alla volta della Penisola sorrentina.
«Ho notato anche parecchie auto private e taxi - dice ancora Irlando, che è anche assessore ai Beni Culturali del Comune di Torre Annunziata - con a bordo persone fermamente intenzionate a visitare gli scavi per Capodanno. Ho visto sui loro volti la delusione. Alla fine un dietrofront, senza neppure consumare un panino, visto che i bar erano tutti chiusi».
Il giorno di Santo Stefano, Antonio Irlando aveva definito «un fatto gravissimo» la decisione di chiudere gli scavi archeologici di Pompei, parere che ribadisce con maggior forza anche oggi: «Abbiamo perso il primato esclusivo dell'apertura straordinaria a Natale e Capodanno».
Irlando - che qualche malalingua accusa di avere il dente avvelenato contro Pompei per non meglio precisate ragioni «politiche» e di «bassa bottega» - non dimentica di rimarcare «la brutta figura che l'Italia ha fatto nei confronti dei visitatori stranieri» e soprattutto, «i danni all'economia turistica di Pompei». «Il ministro Franceschini - spara a pallettoni Irlando - ha giustificato la decisione dicendo che si trattava solo di una scelta di buona amministrazione. Ma il ministro dovrebbe anche chiedersi quanto vale la brutta figura e la scarsa accoglienza riservata a migliaia di turisti d'oltreoceano, privati del piacere di visitare gli scavi.
Dovevamo invece valorizzare una prerogativa, l'apertura straordinaria, che avrebbe potuto proporre Pompei, Ercolano e Oplontis, come gli unici siti archeologici d'Italia ad essere aperti per le festività natalizie, con evidenti e necessaria ricadute su un settore economico, qual è quello turistico, che non può permettersi di rifiutare possibilità d'incremento di presenze sul territorio».Sulla vicenda si attende il commento del soprintendente locale, professor Osanna. Nell'alto dei cieli...
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