La scelta del nuovo presidente dell’Autorità portuale di Genova

(...) gestione di Palazzo San Giorgio, ma che si è sempre dimostrato un galantuomo adamantino. Che, a mio parere ovviamente, se e quando ha sbagliato, l’ha fatto in perfetta buona fede. Ecco, in questo quadro, è chiaro che occorre vigilare. Da quello che si sente in giro, pare che la presidenza dell’Autorità Portuale sia già stata promessa a mezzo mondo. Soprattutto, ci mirano parecchi politici ulivisti (pardon, del Partito Democratico), trombati per una serie di altri incarichi. Però, non ci vuole un genio: proprio questo è il peggior modo di gestire il dopo-Novi. Usare una miniera d’oro per candidati di bronzo, non è una grandissima idea. Così come non sarebbe una grandissima idea metterci personaggi deboli pensando di farli eterodirigere da superconsulenti vari.
Diverso sarebbe, ovviamente, un incarico a un tecnico o a uno che abbia già fatto bene altrove. Qualche nome? Potremmo farne molti, ma ne butto lì due. Che non vogliono essere esaustivi, certo. Ma che possono essere una prima base di discussione.
Rino Canavese a Savona ha portato lo scalo a livelli record. Certo, complice l’ignavia dell’Autorità genovese che, prima dell’arrivo di Giovanni Novi, si era presa il lusso di perdere le crociere della Costa. Però Canavese ce ne ha messo del suo, è apprezzato moltissimo dagli operatori e ormai quasi nessuno si ricorda più della sua vita precedente, quando fu deputato leghista prima e deputato ex leghista poi, perchè ai tempi del ribaltone scelse la fedeltà al Polo. Oppure, Enrico Musso. E non faccio certo il suo nome, perchè Musso è stato il candidato del centrodestra alla guida della città. Tutti sanno che Enrico non è in alcun modo catalogabile come un politico della Casa delle libertà e lui stesso non perde occasione di ricordare come sia «indipendente». Il valore aggiunto della candidatura di Musso sta proprio nella sua competenza in materia portuale, riconosciuta anche all’estero. E l’ha ben capito il presidente della Provincia Alessandro Repetto che, pur senza sposare una candidatura Musso, ha detto parole di buon senso che non chiudono all’ipotesi. E anche l’idea di «primarie» lanciata da Claudio Burlando è tutt’altro che disprezzabile. Magari, semanticamente, non sarà il massimo.

Ma è il concetto da prendere in considerazione.
Dovrebbe esserlo anche da chi ci ha martellato per mesi con la differenza fra le «primarie aperte» e le «primarie chiuse». Dovrebbe esserlo anche quando l’esito non è scontato.

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