I lavori di messa in sicurezza dell’euro non sono terminati con l’accordo raggiunto mercoledì scorso a Bruxelles. Molto resta ancora da fare, soprattutto per quanto riguarda le modalità con cui verrà potenziato uno strumentochiave come il fondo salva-Stati Efsf. Dal suo perfezionamento dipende in prima battuta la salvezza della Grecia e, in prospettiva, l’annullamento dei rischi di contagio della crisi. Il tempo rimasto per agire non è molto. Anche perché i mercati non hanno mai molta pazienza. In quello che sarà probabilmente l’ultimo intervento da presidente della Bce, Jean-Claude Trichet ha infatti sollecitato ieri un’implementazione «precisa e veloce» dell’intesa tra i leader dell’Ue.
Il nodo, destinato forse a ritardare la definitiva quadratura del cerchio, sta però ancora nelle divergenze tra i Paesi dell’eurozona che non sono state completamente appianate nel vertice belga. E con le lancette che continuano a correre, ecco dunque il Fondo monetario, l’Unione europea e le banche centrali che sarebbero pronti a discutere della messa a punto di un «Piano B». Un vero e proprio pacchetto di emergenza da far scattare nel caso Italia e Spagna finissero nel mirino dei mercati prima dell’attivazione del firewall dell’Efsf.
Naturalmente, si ragiona sulla base di uno scenario pessimistico, anche se l’asta di venerdì dei Btp a 10 anni, con i rendimenti schizzati oltre il 6%, non ha offerto indicazioni rassicuranti. Il timore, da parte degli investitori,è che l’attuazione delle misure di rilancio economico presentate dal governo a Bruxelles (e che hanno ricevuto il plauso dalla Commissione Ue) venga ostacolata dal «no» opposto da opposizione e sindacati soprattutto nella parte che riguarda la riforma del mercato del lavoro.
Del contingency plan , come lo chiama la fonte, si starebbe discutendo fra Washington, Bruxelles e Francoforte, ma anche con le controparti asiatiche, in quelli che al momento sono soltanto «contatti informali». L’input, oltre che dagli Usa, sarebbe arrivato in particolare dalla Germania, che la fonte definisce «estremamente interessata ad avere una rete di sicurezza» e che in altre occasioni - vedi il salvataggio greco - ha preteso l’intervento del Fmi, che dovrebbe provvedere a un aumento di capitale nel caso in cui il piano dovesse passare dalla fase di riflessione a una più formale.
Queste indiscrezioni sono però state smentite da Bruxelles: «Non esiste alcun “piano B”-ha detto il portavoce di turno della Commissione europea- l’unico piano che esiste è quello deciso durante il vertice di mercoledì scorso». Tra le conclusioni del vertice, c’è anche il potenziamento del fondo salva-Stati, attraverso la creazione di un nuovo veicolo finanziario ad hoc ( non ancora varato) garantito dall’Efsf e aperto alla partecipazione del Fmi e di altri investitori internazionali. In attesa di sviluppi, resta anche nelle mani della Bce la tutela di Italia e Spagna attraverso l’acquisto di titoli di Stato. Trichet ha garantito che lo shopping continuerà fino a quando i governi non avranno gli strumenti adeguati a disposizione e saranno pronti ad applicarli. Una linea di condotta, quella dell’Eurotower, che non cambierà di una virgola con l’arrivo, martedì prossimo, di Mario Draghi al vertice.
Infine, il capitolo legato alle banche. Quelle italiane, chiamate dall’Eba (European bankink authority) a una ricapitalizzazione da quasi 15 miliardi, continuano a sentirsi penalizzate. Il rafforzamento degli argini patrimoniali è stato infatti imposto soprattutto agli istituti che hanno in pancia molti bond dei Paesi periferici. Considerati più a rischio dei titolitossici di cui sono piene le casseforti (la cifra è pari a 337 miliardi) delle grandi banche del Nord Europa.
Se non riusciranno a ottemperare alle richieste di aumento, per i nostri istituti il rischio è quello di dover chiudere i rubinetti del credito a imprese e famiglie. Complicando così ancor di più il rilancio dell’economia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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