«Alcuni pensano che il calcio sia una questione di vita o di morte. Non sono d’accordo. Posso assicurarvi che è molto, molto di più». Queste parole vennero pronunciate dall’ufficiale dell’Impero britannico William Bill Shankly, scozzese e storico allenatore del Liverpool per 15 anni. Dovrebbero essere mandate a memoria da tutti quelli che ancora ritengono che il football sia un divertimento di gente in mutande che corre dietro un pallone.
Il football è una cosa tremendamente seria, a volte drammatica, rituale, sacra, chi ci scherza su deve stare attento, molto attento alle conseguenze. Silvio Berlusconi, accennando all’impegno di campionato del Milan contro il Napoli, giocato ieri sera, ha ritenuto di concedersi e di concedere una delle sue tante battute: «Ci vediamo il Milan per battere il Sud». È come se avesse riportato l’immondizia in piazza Plebiscito, in via Toledo e in tutta Napoli. È come se avesse deciso di voltare le spalle a una fetta d’Italia, quella che, a studiare bene le cose, a lui è più vicina. Perché il calcio ha i suoi comandamenti, perché il tifo ha le sue regole e i suoi comportamenti, perché lo stesso Berlusconi sa quanto il Milan sia stato importante nella sua storia personale, così come il club rossonero sa di dover ringraziare il presidente per la fama euro mondiale che lo ha rilanciato e consolidato negli ultimi venticinque anni.
Ma il Sud che cosa c’entra? Il Sud che porta voti, dunque tifosi elettori, perché dovrebbe essere battuto? Per fare un favore al Nord? A quale Nord? A quello milanese che registra l’esaurito di popolazione meridionale, in centro, in periferia e nell’hinterland? Gianni Brera scriveva giustamente che le sfide tra Milan e Napoli o tra Inter e Napoli, vanno considerate come il vero derby meneghino. L’Italia che celebra l’unità in piazza, in teatro, al cinema, a Sanremo, è la stessa Italia felice, rabbiosa e arrabbiata che si divide sui gradini degli stadi, in fazioni, opposte tifoserie. L’ironia e il sarcasmo fanno parte del gioco ma c’è un limite oltre il quale si finisce fuori dalla curva: il disprezzo dell’avversario, ritenuto appunto diverso, inferiore. Di qua l’intelligenza, di là i bamba.
Non è il caso di rendere tragiche le parole di ieri pronunciate da Berlusconi in Confcommercio al suo amico Carluccio Sangalli, presidente e solitario tifoso rossonero in un sito affollato di interisti, m a è pur vero che Berlusconi può anche giocare con gli argomenti più delicati, di politica, di giustizia, di economia, di cronaca, passando dalle veline ai festini, dai magistrati ai comunisti, dalle scuole pubbliche ai gay, ma dovrebbe anche sapere, o essere informato, che non appena mette piede sul prato verde del football ogni sua parola può provocare reazioni diverse e turbative sicure. Che si scatenano proprio perché a dettarle è lui, è Berlusconi, u n bersaglio facile per tutte le occasioni.
Ma il calcio non è un’occasione. È e basta. Per ribadire il concetto e rinfrescare la memoria, una sua censura alle scelte di Zoff, allenatore della nazionale azzurra nell’europeo i n Belgio e Olanda dell’anno 2000, dopo la finale persa contro la Francia «Zoff non ha fatto cose che anche un dilettante avrebbe fatto», portò alle dimissioni del commissario tecnico che convocò una conferenza stampa e così reagì: «Non prendo lezioni d i dignità dal signor Berlusconi. Sono stato offeso come uomo», trovando la solidarietà immediata e scontata degli antiberlusconiani che, in verità, la sera della sconfitta con i francesi avevano espresso gli stessi dubbi sull’allenatore.
Un caso nazionale, dunque, mai registrato in altre sedi e d a altre figure criticate dal premier, e le parole di ieri sono scivolate lungo il Paese, il tamtam delle radio e dei siti internet ha raggiunto velocemente il Sud, Napoli, se ne parla anche a Bari e a Reggio Calabria, poi le isole, come sempre, comprese. Torna alla mente la battuta di u n cabarettista milanese: «Se alle elezioni vince l a Lega Nord allora potremo vedere Milan-Napoli soltanto in coppa Uefa». Il cabarettista, per evitare equivoci che già prevedo, è Gianni Palladino, attore abruzzese di Sulmona, e ahimè, scomparso, nel 2008, a Monza.
In sua memoria stavolta si può ridere, il Sud non c’entra, il Milan non avrebbe problemi, l’arbitro sarebbe straniero, il Napoli non avrebbe sospetti e la Lega sarebbe felice della vittoria. Elettorale. Mi consenta, presidente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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