Diego Pistacchi
Separarsi e dirsi addio. Facile, nelle storie damore normali. Ma al Genoa no, finisce a schiaffi piuttosto, finisce con uno che tiene il broncio, che se ne va, sbatte la porta e poi ritorna. Finisce che «più mi tradisci, più ti amo», come si legge fin dalla prima curva di Genova, alluscita del casello di Nervi. Figurarsi se non succede in curva Nord, anzi, in gradinata, ché non è una curva qualsiasi, ma quella che fa tredicimila abbonamenti nellestate che mette in dubbio la conquista della serie A e li fa schizzare a quindicimila a settembre, quando tutti i tribunali, calcistici e no, hanno già spedito il Genoa nellinferno della serie C.
Capita ogni giorno nella Genova rossoblù. Perché neppure la squadra messa insieme in una settimana, che parte con tre punti di penalizzazione e conquista la testa della classifica dopo un pugno di partite, può essere amata normalmente. Perché i tifosi sono abituati a essere traditi nel momento del massimo amore. E quella farsa del processo sportivo sulla partita Ravenna-Genoa, seconda di campionato, sembra fatta apposta per scatenare la gelosia. È la storia di un giocatore entrato negli ultimi minuti che forse non poteva giocare. Il giudice sportivo dà subito partita persa al Genoa che laveva vinta sul campo, la Disciplinare ribalta il verdetto. Poi passano sette mesi, e quando la classifica sembra aspettare solo lultima di campionato, la Corte federale dice che no, che quella partita non conta, che la deve vincere il Ravenna. Roba che si potrebbe anche accettare, se non fosse che ognuno legge il regolamento a modo suo e che lultima parola viene detta quando mancano tre partite alla fine e il Genoa viene retrocesso al secondo posto, cioè condannato ai play off per tornare in serie B.
La partita successiva, a San Benedetto del Tronto, inizia con 19 minuti di ritardo e il Genoa la perde in malo modo. Tornano in campo gli avvocati del Grifo, che come al solito perdono davanti ai giudici sportivi. Ma tornano in campo, a quello di allenamento, anche i tifosi più duri. Attilio Perotti, lallenatore assunto dopo la prima sconfitta di Vavassori, accetta il dialogo, fa parlare i giocatori con gli ultrà. Volano gli schiaffi.
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