Lo schiaffo è rimasto. E con lo schiaffo a Ibrahimovic e Milan, la squalifica di tre turni. La corte di giustizia federale, secondo grado dopo il giudice sportivo, ha confermato il castigo per Zlatan Ibrahimovic escludendolo da Milan-Juve di sabato sera. Adriano Galliani, vice-presidente vicario del club, ha evitato interviste, dettando al sito un comunicato secco e duro: nessun complotto evocato, nessuna aria pesante denunciata, solo un giudizio tecnico, in punta di diritto sportivo. Ecco la nota: «La decisione è ingiusta perché è stata applicata una sanzione destinata agli atti violenti ad un atto che violento non è stato. Si tratta di un grave errore giuridico». Il testo è stato suggerito dall’avvocato Leandro Cantamessa, legale rossonero, che aveva patrocinato la causa di Ibra. È stato lui a sciorinare la lista di precedenti a favore dello sconto e a segnalare la grave contraddizione tra la mancata prova televisiva per Aronica (dopo lo schiaffo a Nocerino) e il pugno di ferro applicato nei confronti dello svedese. La sensazione è che sul giudizio abbiano pesato due fattori: 1) la ricaduta della eventuale riduzione (Ibra avrebbe partecipato alla sfida che tutti riconoscono come decisiva per lo scudetto); 2) i precedenti dello stesso Ibra più la sua immagine che non è certo quella di un cherubino.
Adesso quelli del Milan proveranno a trasformare lo schiaffo in una carica positiva. Non solo rievocando il famoso precedente del maggio 2005 (anche allora la squalifica per prova tv venne confermata, nonostante alcune pressioni poi scoperte dalle intercettazioni di calciopoli e la Juve di Capello vinse a San Siro con gol di Trezeguet) ma facendo leva sull’orgoglio patriottico, già sollecitato prima di affrontare l’Arsenal e il tabù inglese in Champions. Contro la Juve, quest’anno il Milan di Allegri e di Ibra (presente in tutti e due i precedenti) ha sempre perso: in modo netto in campionato, in modo meno marcato in coppa Italia. Anche qui, l’intervento di Galliani presso lo spogliatoio di Milanello, è stato molto secco. Ha chiesto a mo’ di provocazione: «Vi ricordate quante finali di Champions league abbiamo disputato?». Il tentativo è quello di cancellare dalla scena le tensioni che possono togliere energie vitali alla squadra che senza Ibra è già passata a Udine e Cesena.
Allegri e il suo staff non hanno mai pensato di preparare la Juve con Ibra in campo. Tutte le attenzioni infatti sono state riservate alle condizioni di Maxi Lopez (rimasto in disparte fino a mercoledì) e sul recupero fisico di Pato che viene da molti indicato come il prescelto. Ma anche l’argentino ha una chance da giocare. Contro il trio di armadi Barzagli, Bonucci, Chiellini, potrebbe essere un errore spedire una coppia fragile come Pato, neanche una partita intera nelle gambe, e Robinho allo sbaraglio. Se c’è da fare a sportellate, l’argentino è più indicato.
La scelta sarà resa pubblica solo nel tardo pomeriggio di sabato: Allegri non vuole sbilanciarsi anche se forse ha già un orientamento di massima, Maxi Lopez appunto. Svincolata da Ibra, la candidatura di Boateng, l’altro esponente capace di «spaccare» la partita. Il Milan ne ha bisogno anche per il futuro e non può comprometterlo per fargli giocare una sfida importante d’accordo ma non l’ultima del torneo.
«Restano altre tredici partite da giocare» è la chiosa di preparatori e fisioterapisti, contrari a forzare i tempi della guarigione er dell’utilizzo del ghanese.
Sia Lippi che Prandelli, i due ct di ieri e di oggi, sono concordi nello scolpire il significato di Milan-Juve. Può essere decisiva se dovesse imporsi, per la terza volta, Conte.
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