nostro inviato a Rimini
È un Renato Schifani straripante, quello osannato ieri dal popolo di Cl al meeting di Rimini. Senza mai nominarlo mette in riga Fini sui temi etici, bacchetta la Lega sulle sirene di un eccessivo regionalismo, condanna le aspirazioni dei suoi conterranei siciliani di partorire un partito del Sud. Il presidente del Senato non si sottrae al commento sui temi caldi di giornata e al Giornale confessa che «bisogna fermarsi un attimo perché il clima permanente di scontro non aiuta né la maggioranza né lopposizione. Abbiamo toccato il fondo». Tuttavia, rassicura «i rapporti tra la maggioranza e il Vaticano non sono per nulla pregiudicati, anzi. La maggioranza della maggioranza condivide i valori cattolici e resta in perfetta sintonia con i messaggi della chiesa». Accompagnato dalla moglie Franca, Schifani viene battezzato dal meeting nel migliore dei modi: allo stand-mostra messo su dai ragazzi del rione Sanità di Napoli si becca persino una ola e poi tutti a cantare «Ohi vita, ohi vita miaaaa». Schifani, maglietta verde da ragazzo di don Gius, stringe mani e parla con tutti. Poco prima, giacca e cravatta, senza mai citarlo parla soprattutto a Fini: «Taccio. Quando è allesame del Senato una qualunque proposta di legge mi astengo rigorosamente dallesprimere giudizi di merito sul suo contenuto». Messaggio chiaro al presidente della Camera e al suo recente «cercherò di correggere la legge sul biotestamento». «Il mio ruolo super partes mi impone il silenzio - ribatte Schifani -. Il Senato sè pronunziato sul tema e da parte mia non cè mai né mai ci potranno essere tentativi di correzioni nel merito di singoli disegni di legge». Una bacchettata ancora più esplicita: «Un errore ritenere che essere cattolici equivalga a essere clericali». A chi parla di ingerenza della Chiesa nella vita politica del Paese Schifani risponde secco: «Nel voto sul biotestamento hanno prevalso non le indicazioni di partito ma le singole coscienze dei senatori. E lo hanno fatto liberamente, senza ingerenze di alcun tipo: né religiose, né politiche, né tanto meno istituzionali». Quindi, è lavvertimento a Fini: «Sarebbe un errore condizionarli attraverso interventi, seppure autorevoli, di qualunque provenienza». Ma ce nè anche per la Lega perché se il federalismo è cosa buona e giusta, «non giovano idee di separatismo e di regionalismo o qualche solitaria e originale presa di posizione sentita in questo periodo estivo»; ma soprattutto parte la stilettata sulle alzate di testa tutte interne al Pdl: sul partito del Sud un «no» tranchant. «Non possiamo indulgere a idee calate dallalto e a nuovi partiti senza reale radicamento sul territorio. Si andrebbe contro la semplificazione politica indicata dagli italiani nel 2008; e sono tentativi antistorici e dannosi». Sul clima infuocato tra maggioranza e opposizione auspica «dialogo» perché «delegittimare e indebolire limmagine dei propri avversari politici è un prezzo troppo alto che il Paese non merita di pagare». Poi, al Giornale, si dice fiducioso che si possa aprire una «stagione nuova con lopposizione soprattutto sulle riforme costituzionali. Il piatto è pronto, è lì sul tavolo. Penso al federalismo, alla riduzione del numero dei parlamentari, alle riforme sul lavoro con la necessaria mediazione dei sindacati». Ma non è finita. Si può e si deve iniziare a parlarsi serenamente anche «sulla contrattazione decentrata, che non sono certo le gabbie salariali, sul contrasto alla illegalità e sulle strade da percorrere per uscire dalla crisi». Ricorda ben volentieri, poi, il voto bipartisan sui temi etici e in particolare sul testo di fine vita, licenziato proprio da palazzo Madama sotto Natale sullonda del caso Eluana.
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