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Schumi già in vacanza si scontra prima del via

E in gara va in testacoda. Vince Alonso. Titolo costruttori Renault. Briatore: «Tutti tacciano»

Benny Casadei Lucchi

Nell’urlo, nel grido, nel canto di gioia di Fernando Alonso un attimo dopo aver tagliato il traguardo, «we are the champions, we are the champions», c’è tutto il suo essere asturiano e umile e c’è tutto il corso di addestramento aziendale impartitogli da Flavio Briatore. Perché Fernando ha trionfato nel Gp della Cina, l’ultimo dell’anno, dominando sempre e ovunque: prima dalla pole, poi al via, quindi dopo la prima safety car entrata causa detriti in pista (il distacco di un cordolo con la sottostante griglietta per lo scolo dell’acqua finita in pista dove è stata sbriciolata dalla McLaren di Montoya, poi ritirato per problemi al motore). Fernando ha dominato anche dopo il rientro ai box della seconda safety car, quella entrata in seguito al devastante incidente occorso all’indiano Karthikeyan, vivo grazie ai progressi nella sicurezza di scocche e abitacoli ma non certo vivo per merito dei soccorritori cinesi, a cui mancava solo il pacchetto di pop corn mentre assistevano tranquilli a bordo pista alla danza della Jordan in pezzi e al fuoco che iniziava a propagarsi dal retrotreno delle vettura. Il povero Karthikeyan ha capito, ed è sceso al volo, molto al volo.
Nel disonororevole (capita ai grandi, sono le bucce di banana su cui scivolano i fuoriclasse unici anche nello scivolare), nel disonorevole, si diceva, ultimo Gp di kaiser Michael Schumacher c’è l’inesorabile sunto di una stagione che giustamente dal presidente Luca di Montezemolo è stata definita «vacanza» e che ha spinto monsieur Jean Todt a dire «meno male che è finita». Perché non è un bel concludere vedere Michael fare il lumacone nel giro di installazione (quello che va in scena mezz’ora prima del via, quando le auto vanno sulla griglia), osservarlo spostarsi un po’ troppo, mandando in crisi il non fenomeno Albers, finitogli addosso nel più classico dei tamponamenti. E non è bello vedere kaiser Schumi, più tardi, concludere gara e mondiale in testacoda mentre era ordinatamente con gli altri in fila indiana dietro la safety car.
Festa grande, invece, in casa Renault. Perché se è vero che le due safety car hanno scombinato la strategia McLaren e un detrito ha tolto di scena Montoya, lasciando il solo Raikkonen a vedersela con Alonso e Fisichella, è soprattutto vero che patron, boss, manager, maestro Briatore ha sapientemente guidato i suoi ragazzi dentro il box come in pista. Non si spiega altrimenti una Renault davvero competitiva nell’ultimo Gp. In pista, poi, il capolavoro: Alonso sempre al comando, Fisichella dato per distrutto dopo il Gp perso sette giorni fa in Giappone («così ho risposto alle critiche») e magistralmente quarto dopo aver tenuto lontano al via le due frecce d’argento mentre il caposquadra s’involava. Quarto solo perchè penalizzato (drive through ai box perché reo di aver rallentato troppo la McLaren di Raikkonen durante un pit stop). Non a caso, Briatore avrà elogi per tutti, soprattutto per il romano: «Fernando ha fatto vedere di essere il migliore del mondo, quanto a Fisichella, questa è stata la sua gara più bella». E poi: «Abbiamo sconfitto la McLaren, che cosa possiamo fare di più? Avevano creato un tale cinematografo su di noi... sembrava che se non avessimo vinto il titolo costruttori saremmo stati dei perdenti. E abbiamo preso anche quello. Ora tutti devono tacere».
Ma è con Alonso che patron, boss, manager, maestro Briatore ha ottenuto il massimo, e non di titolo mondiale si parla, neppure della settimana vittoria dell’anno dello spagnolo (che così fa pari con Raikkonen), ma dello spirito di squadra che il maestro ha saputo infondere in tutti. Perché quel «we are the champions» cantato dallo spagnolo la dice lunga. «We», noi, ha urlato...

Non l’aveva fatto neppure quando in Brasile ha conquistato il mondiale piloti.

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