Scienza, preserviamo il Festival che crea lo stupore dei bambini

(...) «Il Festival della Scienza dà appuntamento alla decima edizione, a Genova dal 25 ottobre al 4 novembre 2012». E sembrano parole scontate, dato che è chiaro che, dopo la nona edizione di un evento di successo - che anche quest’anno ha registrato duecentomila visite, nonostante il freddo ed il maltempo dei primi giorni, abbondantemente ricompensati dalla seconda settimana con temperature primaverili - viene la decima. Ma il punto è un altro: la notizia è che anche la decima edizione avrà sede a Genova e che le polemiche e i dubbi dello scorso anno sul fatto che la nostra città potesse essere scippata della manifestazione, sono superati. È una buona notizia, anzi ottima. Perchè, con tutti i limiti del Festival - che ci sono, ma alcuni dei quali sono stati anche superati col tempo, riuscendo a rompere un approccio più laicista che laico ad alcuni temi, primi fra tutti quelli toccati dalle conferenze di Odifreddi - comunque i dieci giorni di Scienza regalano a Genova un’altra Genova. Ad esempio, regalano una Genova curiosa, con gli occhi dei bambini, i più begli occhi che ci sono, i più veri, i più sani, i più belli, i più solari, che si illuminano davanti alle meraviglie della scienza. E, soprattutto, si stupiscono. E chissenefrega se, quando entrano nella Loggia degli Abati del Ducale, non capiscono alla perfezione i meccanismi geologici dello tsunami o del vulcano, che a loro, al massimo, ricorda i Gormiti dell’omonimo popolo. L’importante non è essere precisi alla virgola sul meccanismo scientifico, l’importante è essere sempre capaci di stupirsi. E il Festival della Scienza regala stupore.
Ecco, in una città assuefatta a tutto, abituata alla mediocrità, dove ci si esalta per scemenze e ci si deprime per altrettante scemenze, vedere lo stupore è la più bella delle reazioni chimiche. E, ad esempio, se ne è visto moltissimo nello spazio del piazzale delle Feste del Porto Antico, che ha ospitato più di 20mila visitatori per Spazio alla chimica, una specie di mega-laboratorio da scienziati pazzi in cui si usa l’olio usato per fare funzionare le macchine con il biodiesel, si mangia la maionese con il condimento dei reagenti chimici, si fanno scoppiare i fuochi d’artificio per capire il meccanismo che c’è dietro e tante altre cose che sembravano fatte apposta per creare, quasi chimicamente, stupore. Mica finita. La reazione chimica era anche quella di empatia con gli animatori: la stragrande maggioranza dei ragazzi impegnati come guide del Festival erano di livello assoluto, capaci di andare oltre il normale esperimento e la sua spiegazione scientifica. Capaci, soprattutto, di smontare come si smontano le false credenze scientifiche i ritratti tragicamente caricaturali dei genovesi mugugnoni e incapaci di un rapporto umano che vada oltre il grugnito. Ecco, negli occhi, nelle voci, nelle spiegazioni di quei ragazzi, io ci ho trovato tanta umanità. Uno su tutti, quello che l’altra mattina guidava gli esperimenti di «Con la frittura energia sicura!» all’Expò, un ragazzo con la barba, dolcissimo. Che, di fronte a un bimbo che piangeva, ha interrotto l’esperimento, per consolarlo. E l’ha ripreso solo a lacrime asciugate.


Sarebbe meraviglioso se servisse anche solo a creare un’altra generazione di genovesi che, anzichè lamentarsi di ciò che hanno, sapessero guardarsi intorno, scoprendo la straordinaria fortuna nella quale sono immersi dalla nascita. E vedere il miracolo scientifico più bello che si ripete ogni giorno: Genova.

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