C’è una tartaruga su Marte? L’immagine che divide il web

Il 31 agosto 2025 il rover Perseverance ha fotografato una roccia nel cratere Jezero che sembrava una tartaruga marziana. Ovviamente non lo è, ma sui social in molti ne sono certi

C’è una tartaruga su Marte? L’immagine che divide il web
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C’è una tartaruga su Marte! O meglio il fossile di una tartaruga marziana. O meglio ancora, per dirla ancora meglio: il rover Perseverance ha fotografato il 31 agosto 2025 (Sol 1610) una roccia nel cratere Jezero e l’immagine è diventata virale solo ieri, 5 settembre, quando Space.com l’ha pubblicata come “foto del giorno” e subito dopo PetaPixel l’ha rilanciata descrivendola come una tartaruga di mare con testa e pinne anteriori, wow. Non una tartaruga vera, ovviamente, sebbene sui social molti
non abbiano dubbi, come sempre su ciò che non è vero (i social sono utilissimi: la veridicità di qualcosa è inversamente proporzionale al numero di persone che credono sia vera sui social).

Pesco a caso: un utente su Reddit ha giurato: «È la prova! Si vede chiaramente la testa che spunta dal guscio». Un altro: «Non ditemi che questa non è una tartaruga, è identica a quelle che si trovano negli stagni qui sulla Terra».

marte tartaruga 01


E qualcuno ha proprio esagerato: «Abbiamo trovato il primo animale vivo su Marte, altro che fossili». Si chiama pareidolia e non un vezzo poetico, piuttosto un riflesso evolutivo: il cervello preferisce commettere un errore in più piuttosto che uno in meno, cioè meglio scambiare un sasso per un predatore che un predatore per un sasso, meglio riconoscere un volto immaginario tra le foglie che non accorgersi del volto reale di chi ti osserva. È così che milioni di anni di selezione naturale ci hanno lasciato in eredità questo difetto utile, che ancora oggi ci porta a vedere presenze e animali dove ci sono soltanto rocce e ombre. Su Marte tocca alla tartaruga, ieri era un elmo medievale, l’altro ieri la celebre “faccia di Marte” fotografata dalla sonda Viking 1 nel luglio del 1976, la quale in seguito è accompagnata dallo “uomo seduto”, una roccia fotografata dal rover Spirit nel 2007 che, da un’angolazione sbagliata, sembrava un’intera figura umana accucciata con le braccia sulle ginocchia. Se cercate quanti negli anni hanno continuato a sostenere si trattasse di un marziano restereste stupefatti.

Il catalogo delle illusioni cosmiche non si ferma qui: nelle nebulose abbiamo visto mani gigantesche, occhi divini, gufi cosmici; nella Helix Nebula, a circa 650 anni luce da noi, ci è parso di scorgere “l’Occhio di Dio”; in altre galassie, spirali ribattezzate con nomi religiosi come se l’universo intero dovesse fissarci da lontano. Perfino nei bicchieri di vino emergono profili femminili, nelle carte geografiche le penisole diventano stivali o nasi, e nelle rocce terrestri riconosciamo statue o teschi, tutto pur di illuderci che dietro al caso ci sia un significato. Così, mentre su Marte cerchiamo ancora una prova concreta di vita marziana (tracce fossili di vita microbica, non resti di dinosauri o piante) ci accontentiamo di animali inventati e figure immaginarie, ai nostri cervelli fabbricare storie quando davanti c’è soltanto un sasso.

Insomma, alla fine anche qui resta un sasso, niente più che un sasso, eppure lo riempiamo di tartarughe e teschi e dischi volanti e uomini seduti e madonne sui toast e civiltà mai esistite e astronavi dissimulate nei geoglifici delle piramidi (non c’è egittologo che possa reggere il confronto con uno convinto di vedere uno Space Shuttle sul muro di una piramide). Ogni superficie deve rimandarci un messaggio, un indizio, un segreto, una conferma che non siamo soli, quando siamo noi stessi su un sasso alla deriva in un universo troppo grande e non riusciamo a farci compagnia neppure tra di noi, dentro casa.

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