Non solo le formiche: anche le cimici avevano già inventato l'agricoltura (batterica)

Insetti che convivono con batteri e funghi. In alcuni formicai veri laboratori di microbiologia

Non solo le formiche: anche le cimici avevano già inventato l'agricoltura (batterica)
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Ah, le cimici! Alcuni le schiacciano ma altri sanno che schiacciandole puzzano (un’ottima strategia difensiva, mi uccidi e intanto ti appesto casa), non fanno impressione come un ragno eppure ci danno fastidio, senza contare quelle dei letti che ci succhiano il sangue.
Eppure da decine di milioni di anni praticano una tecnica biologica di precisione incredibile. Un nuovo studio pubblicato su Current Biology dal gruppo di Yu Matsuura dell’Università di Kyoto ha confermato precedenti studi secondo cui alcune specie di cimici asiatiche non si limitano a ospitare i batteri, li coltivano in una forma di “agricoltura simbiontica”, mantenendo nel corpo, in apposite tasche intestinali, batteri essenziali per le loro larve sia dal punto di vista nutritivo che da quello antimicrobico. Infatti la cimice marmorata asiatica (Halyomorpha halys) protegge la prole grazie a un batterio simbionte obbligato, Candidatus Pantoea carbekii, il quale vive all’interno del suo intestino e fornisce nutrienti indispensabili alla crescita delle larve. Quando depone le uova, la femmina riveste il guscio di questo batterio e al momento della schiusa le neanidi lo ingeriscono e ne diventano portatrici. È una forma di eredità microbica che probabilmente si tramanda da almeno 30 o 40 milioni di anni, un patto di sopravvivenza tra specie che si perpetua senza mai rompersi. Le cimici, insomma, non coltivano nulla, ma allevano dentro di sé ciò che le tiene in vita. Non sono agricoltrici, sono incubatrici di microbi (in realtà lo siamo noi, temiamo i microbi patogeni ma senza i miliardi di microbi che ci portiamo dentro non saremmo vivi).
Il loro batterio, infatti, non è un parassita, è un alleato. Vive in un organo speciale del loro intestino, in perfetto equilibrio metabolico. Senza di lui, l’insetto non si sviluppa, e senza l’insetto il batterio non esiste. L’errore più comune (per chi un po’ mastica di batteri) è confondere questo batterio con Beauveria bassiana, un fungo patogeno che noi umani usiamo come pesticida naturale per eliminarle: un altro paradosso biologico, visto che l’evoluzione, indifferentemente, crea e distrugge con la stessa eleganza.
A proposito di pesticidi, viene da pensare alle formiche attine, vere e proprie agricoltrici dell’evoluzione. Coltivano funghi da 50–60 milioni di anni, e le più evolute, le tagliafoglie (Atta e Acromyrmex), apparse tra 8 e 12 milioni di anni fa, hanno portato i sistema a un livello di complessità industriale: tagliano foglie fresche e le impastano e regolano temperatura e umidità per nutrire un fungo specifico, Leucoagaricus gongylophorus, che rappresentala loro unica fonte di cibo. Per difendere la coltura da muffe e parassiti, alcune caste allevano batteri del genere Pseudonocardia che producono antibiotici naturali: un vero laboratorio di microbiologia, organizzato in un formicaio.
In sostanza, le cimici praticano la simbiosi intestinale, cioè un’alleanza interna tra ospite e microbo, mentre le formiche attine praticano la simbiosi esterna, una forma di agricoltura mutualistica in cui la società stessa diventa una macchina biologica per far crescere un’altra specie. Il principio è lo stesso: un perfezionamento cieco e pragmatico che l’evoluzione mantiene solo perché funziona. Però non uscite fuori con: oh, la Natura fa cose meravigliose! La Natura non è un agente intenzionale, e l’evoluzione non inventa mai nulla, non progetta, è frutto di mutazioni genetiche casuali e, per selezione naturale, vanno avanti quelle che hanno successo. Insomma, noi ci vantiamo di aver inventato l’agricoltura diecimila anni fa e gli antibiotici nell’ultimo secolo, cimici e formiche ci sono arrivate molte decine di milioni di anni fa, quando noi non eravamo neppure un’ipotesi biologica.

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