LO SCIOPERO DEI FANNULLONI

«Ragazzi, non possiamo star qui a far nulla. La gente potrebbe scambiarci per lavoratori». Non so chi sia l’autore di questa memorabile frase, ma non mi stupirei se fosse Carlo Podda. Il nome, mi rendo conto, non vi dice nulla, ma secondo me è bene che impariamo a conoscerlo perché, si sa, se li conosci li eviti. Ed evitare di finire nella Podda è fondamentale se vogliamo diventare un Paese normale.
L’uomo, che si presenta come da cliché (barba post-sessantottina su faccia tonda e corpo imponente) e ha nel suo curriculum i migliori convegni della sinistra estrema degli ultimi tempi (da «Resistere 365 giorni all’anno», a «La rivoluzione precaria» e «Precariare stanca») è molto più che il segretario generale della Cgil Funzione Pubblica: è il Sancho Panza dei fannulloni, il Masaniello degli scioperanti, il Giovanno d’Arco capace di sentire le voci di chi non si vede. Soprattutto, di chi non si vede mai in ufficio. L’avevano eletto per difendere chi lavora, lui ha capito che rende molto di più, almeno mediaticamente, difendere chi non lavora. E così s’è trasformato nel paladino degli assenteisti.
Infatti, appena il ministro Brunetta ha annunciato che la cura anti fannulloni produceva effetti positivi, riducendo il numero delle assenze a luglio, il nostro mitico Podda anziché rallegrarsi del risultato, come il resto del Paese, ha cominciato a intristirsi. Al colmo dell’insoddisfazione, come un amante tradito, ha provato a negare l’evidenza dei fatti, contestando i dati con spericolate arrampicate sui vetri della statistica. Poi quando anche i suoi, sul blog della Cgil, hanno preso a rammentargli che stava dicendo scemenze, Sancho Podda è crollato nel più nero sconforto. «Gli statali producono di più, che disdetta», deve aver pensato temendo per il suo posto. Anche perché, per lui, restare disoccupato significherebbe, per paradosso, cominciare a lavorare.
E siccome si sa, precariare stanca, ma lavorare stanca molto di più, il nostro eroe ha aguzzato l’ingegno per evitare l’incidente dell’occupazione. E ha trovato l’idea giusta: «Le assenze diminuiscono? Bene: noi le faremo crescere con gli scioperi», ha annunciato finalmente sollevato. Quando si dice il genio: lo sciopero contro l’aumento di produttività. Vade retro, Brunetta. Voi ci riducete le finte assenze per malattia? Ebbene: noi aumentiamo le vere assenze per protesta. L’importante, si capisce, è che gli uffici restino deserti. E che la macchina dello Stato continui a non funzionare. E, se possibile, che i cittadini ne paghino le conseguenze. «Non è meraviglioso?», deve aver pensato il nostro Podda, stanco di cotanta fatica. E si è subito messo al lavoro per fare in modo che non si lavori.
Badate bene, quell’uomo è un fenomeno. Non sottovalutatelo. Uno che arriva a pensare la nobile arma dello sciopero come una specie di compensazione statistica della riduzione dell’assenteismo, merita una pagina nella storia del sindacato: dalla linea dell’Eur alla linea di Podda. E non gli dedicheremmo tanta attenzione se l’uomo della Finzione (con la i) Pubblica Cgil non rischiasse di diventare il simbolo di tutti coloro che del lavoro hanno la stessa idea di un celebre comico: è affascinante, starei per ore a guardarlo.
Il problema è serio. Non li avete sentiti? Dal segretario generale della Cgil Epifani alle corporazioni dei ferrovieri, si sta preparando la linea del Piave contro l’avanzata del cambiamento nel pubblico impiego. E l’annuncio di un autunno caldo, di lotte e conflitti, fa capire chiaramente che appena si comincia a prosciugare un po’ la palude burocratica dello Stato, ci si scontra con chi in quella palude ci sguazza da sempre. In particolare gli statali non meritevoli e i sindacati che li proteggono. Facciano pure, se credono.

Ma se vogliono continuare a spacciare l’aumento della produttività come un male per il Paese, la prossima volta che rilasciano interviste abbiano almeno il buon senso di non presentarsi come rappresentanti dei lavoratori. Al massimo, rappresentanti dei fannulloni.
Mario Giordano

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