Scola sfida la Milano del pensiero debole

Giovedì l'addio di Tettamanzi. Il nuovo arcivescovo è un esperto del sociale ma non è fan del politicamente corretto. Che invece domina a sinistra

Scola sfida la Milano  
del pensiero debole

Ho visto volteggiare per l’aere, e sollevarsi, e planare, e passare sopra le teste di noi milanesi, e girare intorno all’incastellatura che protegge la Grande Guglia del Duomo, una domanda di cui non si capisce da dove nasca e dove voglia andare a posarsi.

Cosa farà, in una Milano come questa, un Arcivescovo come il Card. Angelo Scola, che proprio dopodomani, dopo il saluto di Tettamanzi alla città, diventerà ufficialmente il nuovo Arcivescovo di Milano?

Tutti pensiamo di sapere che razza di Milano è questa e che razza (domando scusa) di Cardinale sia Angelo Scola.

L’abitudine a identificare una città con gli orientamenti della sua giunta ci fa dire che questa è la Milano «di» Pisapia, mentre non è affatto vero, non è vero nel senso culturale della parola, visto che la vittoria di Pisapia alle ultime elezioni è, essa stessa, la dimostrazione che Milano non appartiene a chi la governa: sia perché Milano continua a possedere una propria personalità che occorre conoscere e rispettare (una fatica, questa, che non tutti fanno), sia perché questa personalità non è né di destra né di sinistra dato che esiste da molto prima.

Questo è il bene da salvaguardare dentro le trasformazioni che coinvolgono il mondo, e quindi Milano, negli anni presenti. La scommessa è che la città multietnica possa diventare una vera «società plurale», come la chiama proprio il Card. Scola in uno dei suoi ultimi libri. Credo che pochi uomini di Chiesa conoscano il problema meglio di Scola, e Milano è sicuramente una città predisposta a mettere in comune la propria personalità con le più diverse esperienze religiose e culturali: perché l’ha sempre fatto. Il Cardinale (e grande intellettuale) che per primo ha - come si dice - sdoganato la parola «meticciato» fa dunque il suo ingresso nella città più meticcia d’Italia. Celti, Romani, Longobardi, Goti, Ungari, Francesi, Tedeschi, Egiziani, Filippini, Peruviani, Ucraini hanno formato e formano questo nostro popolo di mezzosangue (che sono sempre stati, tra l’altro, più intelligenti dei purosangue).

Non trovo che, in tutto questo, Pisapia e la sua giunta abbiano una parte così grande. Per ovvie ragioni la Chiesa, che non è un organismo politico, invita da sempre i fedeli a pregare per i loro governanti, quali che siano, e così sarà.

Quanto ai rapporti tra Cardinale e Sindaco, non credo che cambieranno rispetto all’era-Tettamanzi. A parte la grande stima che lega Scola e Tettamanzi, tutti abbiamo potuto seguire le cronache del bellissimo incontro che i due Cardinali hanno tenuto congiuntamente in occasione della recente Giornata mondiale della gioventù, a Madrid.

I due pastori hanno in comune molte più cose di quanto non sembri a prima vista (prima fra tutte il fatto di essere due grandi uomini di fede e due pastori, appunto). Già il calendario dei primi incontri previsti dopo l’insediamento vede Scola in una posizione di perfetta continuità, con la priorità data al mondo della «fragilità» (27 settembre) per seguire con cultura e comunicazione (29), economia e lavoro (4 ottobre) e infine con la politica (6 ottobre).

È vero che la nostra giunta, un po’ per vezzo ideologico e un po’ per povertà d’idee (che ci accomuna un po’ tutti, ammettiamolo), ha presentato alla città un bel volto politically correct. Ma vien da ridere al solo pensiero che un Cardinale della Santa Chiesa si metta a questo livello, lodando questo atteggiamento oppure biasimandolo. Per favore, non scherziamo. I temi del dialogo sono molti, e l’epoca di Don Camillo e Peppone è finita da un pezzo.

Piuttosto, sarà interessante vedere come una sinistra ben consapevole della propria difficoltà culturale saprà mettersi in rapporto con un pensiero - quello di Scola - che in materia sociale è tutt’altro che debole. Per Scola l’educazione della società al bene e alle buone relazioni viene prima di ogni educazione alla legalità.

«Nessun governo» scrive Scola «può produrre cittadini morali, al contrario sono i cittadini morali, sovente ispirati dalle religioni, a favorire la democrazia». La salvezza, insomma, non ci verrà sicuramente dalla politica. Ecco un bel tema per il dibattito culturale nella nostra città. E nessuna città è più adatta di Milano ad ospitarlo.

Personalmente, credo che sarà su questi temi culturali, ossia sulla concezione che la città ha di sé stessa, che si deciderà il futuro di Milano.

Si parla delle sfide della globalizzazione senza sapere quali saranno, queste sfide, nel prossimo futuro. Nessuno lo sa, ma proprio per questo ripness is all, essere pronti è tutto. E essere pronti non è una questione di bistecche o di assegni, ma di cultura.

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