Una sconfitta per la Procura: Tarantini agli arresti domiciliari

nostro inviato a Bari

«Sconfitta non è un termine processuale. Però siccome sono un tipo sincero dico che questa non è una mezza sconfitta, ma anche di più». Il commento del procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, la dice lunga sul duro colpo incassato ieri mattina dal gip Vito Fanizzi, che - pur confermando i gravi indizi di colpevolezza - non convalida il fermo di Gianpaolo Tarantini, in carcere da venerdì, appena sbarcato dall’aereo che da Roma lo aveva portato a Bari. La decisione del gip ribalta le convinzioni della Procura. Laddove per i magistrati Tarantini aveva mentito, soprattutto riguardo alla quantità di droga portata nella villa affittata in Sardegna nell’estate 2008, Fanizzi scrive che invece ha fornito «leale collaborazione». Nell’udienza di convalida l’imprenditore avrebbe ricostruito in 237 grammi il quantitativo di cocaina acquistato dal pusher barese Nico, le cui dichiarazioni su una fornitura molto maggiore (oltre mezzo chilo) avevano invece convinto gli inquirenti che Tarantini avesse detto il falso, o almeno minimizzato. Ma il gip gli crede. Ed esclude sia il pericolo di fuga sia l’inquinamento probatorio, indicati come esigenze cautelari dal pm Pino Scelsi e da Laudati.
Nemmeno un misterioso sms di minaccia («Stai attenta»), ricevuto da una delle ragazze del giro di feste e festini, organizzato da Tarantini per agevolare i suoi affari con la sanità in Regione e conquistare l’amicizia del premier, messaggio che per la Procura era la prova del tentativo di inquinare il quadro probatorio, è stato valutato come significativo dal giudice: non proveniva dal cellulare di Gianpi. Il 34enne imprenditore pugliese, al centro di molte delle indagini della Procura di Bari su presunti appalti pilotati nella Sanità regionale, escort e droga, però non torna libero. Sarà agli arresti domiciliari a Roma, per il gip si tratta di «persona difficile da controllare», e sussiste il rischio di reiterazione del reato che ha determinato il decreto di fermo, ossia spaccio e cessione di stupefacenti. Unico elemento che, invece, i pm avevano escluso. Così mentre i legali del reuccio barese delle protesi, Nicola Quaranta e Nico D’Ascola, sottolineano la «riconosciuta lealtà processuale» di Tarantini, lui confida di essere «molto soddisfatto» perché «il giudice mi ha creduto ed è emersa la verità», e nel primo pomeriggio lascia il carcere di Bari dove a bordo di un grosso Suv.
Decisamente diverso lo stato d’animo in Procura, dove si ribadisce la convinzione che il rischio di fuga fosse concreto, e che alcuni comportamenti di Gianpi avessero indotto a temere che le sue puntate baresi servissero a falsare le prove. Laudati ammette lo smacco di una decisione che certo non aiuta l’indagine, un «fuoco amico» che impone un brusco stop all’accelerazione imposta all’inchiesta di Scelsi e agli altri fascicoli sulla Sanità aperti dai sostituti della Dda (il filone sull’ex assessore Alberto Tedesco del pm Desirée Digeronimo) e della Procura ordinaria. E dunque anche se «gli arresti domiciliari in qualche modo tutelano le esigenze cautelari», Laudati ricorda che «ovviamente il provvedimento del gip determinerà da parte nostra una modifica della strategia investigativa sia sui tempi sia sugli atti del procedimento».

Con Tarantini a Roma sarà più complicato per gli inquirenti organizzare un calendario di interrogatori e chiudere rapidamente il quadro dei riscontri sugli intrecci di interessi di Gianpi. Ma il capo dell’ufficio promette: «Ci rimbocchiamo le maniche per tutelare quello che noi consideriamo un possibile inquinamento della prova».

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