Scoperta la mitica El Dorado: è in Brasile

Londra La leggendaria El Dorado esiste davvero. La mitica città d’oro alla cui ricerca partirono prima i conquistadores e poi diversi esploratori trovando la morte nella foresta amazzonica, sembra essere finalmente venuta alla luce in un’area remota del Brasile occidentale vicino al confine con la Bolivia, grazie a nuove immagini satellitari e a fotografie aeree scattate in zone che sono state disboscate in tempi relativamente recenti per far posto ai pascoli.
Secondo quanto riporta la rivista specializzata britannica Antiquity, si tratta di oltre 200 strutture circolari e poligonali, disposte in una precisa rete geometrica che si estende per una lunghezza di oltre 250 chilometri. Secondo gli scienziati che hanno mappato la rete di muri e trincee che collegano gli edifici, ci si troverebbe davanti a una scoperta sensazionale, soprattutto per le sue impreviste dimensioni: quanto scoperto finora potrebbe essere soltanto un decimo di quanto fu costruito da una complessa e finora sconosciuta civiltà precolombiana esistita per almeno un migliaio di anni.
Alcune delle strutture risalgono infatti al 200 d.C., altre al tredicesimo secolo, altre ancora, individuate ancora più a sud nella regione dello Xingu, sarebbero state realizzate in un ampio arco temporale compreso tra l’800 e il 1600. Gli studiosi credono che potrebbero esserci ancora circa duemila edifici nascosti sotto la fitta giungla dell’Amazzonia occidentale. «È un lavoro incredibile, senza fine - ha detto ad Antiquity una ricercatrice dell’università brasiliana di Belèm -, ogni settimana scopriamo qualcosa di nuovo».
Secondo alcuni antropologi, la costruzione di una rete così estesa, sofisticata dal punto di vista ingegneristico e ricca di canali e di strade, sarebbe paragonabile in quanto a scala e difficoltà a quella delle piramidi in Egitto. E una serie di ritrovamenti di ceramiche e strumenti di lavoro hanno permesso di avviare un calcolo secondo cui nella presunta El Dorado potevano abitare fino a 60mila persone: più della popolazione di gran parte delle città europee nel Medio Evo.
Molte delle strutture rinvenute sono simmetriche e inclinate verso il nord, facendo presupporre che potessero avere un significato astronomico. A stupire i ricercatori è stato soprattutto il fatto che le strutture delle pianure sono identiche a quelle delle aree collinari: un dato che indica con chiarezza che si trattava della medesima civiltà. «Nell’archeologia dell’Amazzonia si ha questa convinzione che diverse civiltà abbiano abitato in diversi ecosistemi. È stato quindi strano scoprire una civiltà in grado di trarre vantaggio da ecosistemi diversi e di espandersi su una regione così grande», ha dichiarato Denise Schaan, una delle autrici dello studio.
La scoperta della città perduta sembra poter fornire finalmente informazioni su quale dovesse essere l’aspetto dell’America Latina prima dell’arrivo degli esploratori europei. E contraddice quanto sostenuto fino ad ora, ovvero che i suoli di questa parte dell’Amazzonia sarebbero stati troppo poveri per sostenere una civiltà agricola e che ad abitarli siano stati soltanto tribù primitive. I conquistadores che raccontarono di aver trovato «città risplendenti di bianco» nascoste nella giungla forse quindi avevano detto la verità.
Ma furono forse proprio loro a introdurre involontariamente le malattie che fecero strage dei suoi abitanti e a mettere in moto la serie di catastrofici eventi che consegnarono all’oblio una complessa civiltà e la sua città perduta.

Una civiltà che secondo le cronache e le leggende dell’epoca dei conquistadores avrebbe rivaleggiato con quelle degli aztechi e degli incas. E che avrebbe nascosto nel folto della foresta, lontano dalla cupidigia degli invasori venuti da oltreoceano, immense ricchezze che non sono mai state trovate.

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