Scoperto arsenale, arrestati tre calabresi

Arsenale a Mazzano Romano. Una mitraglietta Uzi di fabbricazione israeliana, un fucile a canne mozze calibro 20 rubato nel ’97 a Sutri, uno calibro 9 con matricola abrasa, un revolver, 4 chili di polvere da sparo e vari caricatori per un totale di 480 cartucce.
Quando i carabinieri superano il cancello di un casolare di campagna, in via della Maglianella, i proprietari della Santabarbara, tre cognati di cui uno appartenente a una ’ndrina della Piana di Gioia Tauro, fanno gli gnorri. Guardati a vista, i tre allevatori, Roberto Raso, 38 anni, Andrea De Pace, 34 anni e Marco L., 35 anni incensurato, ostentano indifferenza. Stesso atteggiamento anche quando i carabinieri sfondano la porta di una baracca contenente l’arsenale. Un ricovero per attrezzi solo all’apparenza innocuo. Nascoste sotto cassette di frutta, le armi. Tutto materiale «pronto all’uso», sottolineano gli inquirenti che definiscono la scoperta «inquietante». Ben oliati, conservati con stracci, il mitragliatore e la lupara in piena efficienza. Un covo «freddo» ma ben tenuto oppure una base operativa per rapine e attentati comandati da capi cosca contro i clan nemici?
La Procura di Tivoli, titolare dell’inchiesta, non è ancora in grado di stabilire connessioni certe fra i tre personaggi con la feroce ’ndrina dei Piromalli, per citarne una, la più potente di Gioia. I tre vivevano nel casale assieme alle rispettive mogli, tre sorelle come vuole una tradizione simile a quella delle «famiglie» siciliane in cui i capi mandamento ordinano di legare i clan fra loro con vincoli di sangue per evitare, essendo tutti parenti, eventuali pentiti. I carabinieri della compagnia Cassia arrivano ai calabresi dopo alcune segnalazioni: i tre s’incontravano con pregiudicati del posto, rapinatori, vicino casa ma non all’interno della tenuta, come se volessero tenerla lontana da sospetti. Le indagini portano all’irruzione di ieri.

Supportati dai loro colleghi della compagnia di Bracciano, i carabinieri sequestrano esplosivo e fucili e fermano i tre calabresi per detenzione di armi da guerra e ricettazione. Ora spetta al Ris di Roma stabilire in quale azioni banditesche siano stati usati i mitra, ovvero se abbiano partecipato a fatti di sangue in Calabria o nella capitale.
yuri9206@libero.it

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