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Scoperto in Guinea il «Giardino dell’Eden»

Rane, farfalle, uccelli, piante e fiori mai visti al mondo

Scoperto in Guinea il «Giardino dell’Eden»

Nino Materi

Abbiamo il disperato bisogno che l’uomo si riconcili con la natura: la «sua» natura in senso filosofico e la «sua» natura intesa come ambiente dove vive. La prima è una ricerca tutta personale, la seconda dipende da fattori esterni. Ma può succedere che questi due diversi percorsi si incrocino nell’angolo remoto di un’isola sperduta. «Remoto» e «sperduto», due aggettivi buoni per descivere i turbamenti della nostra anima, ma anche i misteri di un mondo sconosciuto.
Testimoni di questo «miracolo» sono stati gli scienziati che, nel cuore della giungla indonesiana della Nuova Guinea, hanno scoperto quello che il biologo Bruce Beehler si è subito affrettato a descrivere come il «Giardino dell’Eden»; altri suoi colleghi - forse per non essergli da meno - hanno parlato addirittura di «Paradiso terrestre» o «riscoperta di un mondo antico». Certo è che sull’isola di Papua, in una zona raggiungibile solo per via aerea, la vita sembra essersi fermata al giorno della Creazione. Come spiega il sito della Bbc, si tratta di una foresta che non solo non mostra alcun segno della presenza umana, ma ospita numerose specie di piante e animali fino ad ora sconosciuti; persino le guide locali che accompagnavano i naturalisti sono rimasti a bocca aperta: «Non immaginavamo che potesse esiste nulla di simile».
Gli scienziati hanno passato oltre un mese a catalogare le specie presenti nella zona a quasi duemila metri di altezza: gioiello della ricerca la scoperta di una nuova specie di uccello melifago e poi 20 specie di rane, numerose piante tra le quali 5 tipi di palme, quattro «inedite» famiglie di farfalle e un rododendro dai fiori bianchi».
Ma la sorpresa che ha dato maggiore soddisfazione al team di scienziati è la soluzione del mistero dell'origine del cosiddetto «Uccello del paradiso di Berlepsch», un esemplare descritto per la prima volta nel tardo XIX secolo (sulla base di pochi individui uccisi da dei cacciatori) della quale numerose spedizioni organizzate negli anni successivi non avevano trovato traccia: proprio la nuova foresta sembra esserne l'habitat originario.
Il gruppo di scienziati provenienti da Stati Uniti, Indonesia, Australia, ha risalito una zona montuosa nella regione delle Foja Mountains, situata a nord del Bacino di Mamberano. «È una foresta bellissima, incontaminata, disabitata dall'uomo - hanno riferito gli studiosi -. Non c'è traccia della presenza umana in queste montagne. Siamo stati depositati da un elicottero. Non ci sono sentieri nè piste. È stata dura muoversi. Anche le due popolazioni indigene, i Kwerba e i Papasena, che popolano i margini della giungla sono rimaste stupite dal completo isolamento in cui di questo piccolo “Jurassic park”».
Il gruppo ecologista «Conservazione Internazionale», che ha messo in piedi la spedizione nel dicembre scorso in collaborazione con l'Istituto indonesiano della scienza, sta vivendo momenti indimenticabili: «Tra le specie nuove trovate dal gruppo di indonesiani e americani della spedizione, ci sono rane, farfalle piante e un uccello detto “mangiatore di miele” dalla testa arancione, primo uccello sconosciuto scoperto in Nuova Guinea in oltre sessant'anni.
Il primo uccello che abbiamo visto nel nostro campo era di una specie nuova. Poi era pieno di grandi mammiferi che in altre parti sono in via di estinzione a causa della caccia».
I ricercatori hanno potuto prendere con le mani, senza difficoltà, due echidna, mammiferi ovipari che si nutrono di insetti, che si trovano solo in Nuova Guinea e in Australia dove sono ormai rari. La spedizione ha anche trovato un grande mammifero che finora non era mai stato visto in Indonesia, il canguro arboricolo dalla pelo dorato, di cui si aveva conoscenza solo in una montagna della Papuasia Nuova Guinea.

Resta la speranza che il nostro pianeta - oltre a quello dell’isola di Papua - nasconda altri «Paradisi ambientali»: scoprirli potrebbe insegnarci ad avere rispetto degli «Inferni metropolitani», molto di più che il piagnisteo dei professionisti del falso ecologismo.

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