RomaPer Martin Scorsese il cinema si divide «in prima e dopo La dolce vita. In America, alla fine degli anni cinquanta c'era già un certo fermento - ha premesso il regista di Goodfellas -. Ma dominavano film epici come Ben Hur o come Il giro del mondo in ottanta giorni. Quando è arrivata La dolce vita è cambiato tutto. Sono cambiate le regole. È cambiato il cinema. È cambiato anche Fellini, che aveva già fatto La strada e Le notti di Cabiria. Ma era unaltra storia. Quel film ha mostrato la possibilità di unintelligenza, unintensità morale e una profondità fino allora sconosciuta. Rompendo i limiti della censura, quell'opera ci ha dato la possibilità di essere onesti sullo schermo».
Difficile che il capolavoro di Federico Fellini potesse trovare un elogio più altisonante di quello che ieri, nella Sala Petrassi dell'Auditorium di Roma, gli ha tributato uno dei maestri del cinema contemporaneo. Son trascorsi cinquant'anni da quella creazione e la Film Foundation di Scorsese con la Cineteca di Bologna, L'immagine ritrovata e la sponsorizzazione di Medusa e della maison Gucci hanno realizzato il restauro in digitale del film italiano più conosciuto nel mondo. Lo stesso team che ha realizzato anche il restauro de Il Gattopardo di Luchino Visconti. «È un preciso dovere che abbiamo verso i giovani quello di recuperare la memoria, non tanto per una fissazione sul passato, quanto perché ci dà la possibilità di capire meglio il presente. Per me - ha continuato Scorsese - è molto importante la continuità con le giovani generazioni. I giovani di oggi vivono e percepiscono tutto in modo frammentato. Recuperando al meglio unopera darte come questa, possiamo far loro capire come si faceva cinema una volta e comera la società da cui veniamo. È un dovere che abbiamo verso il futuro». E lei, mister Scorsese, che cosa ha imparato da un film così? «Fellini mi ha dato la libertà di spargere la pittura su tutta l'immagine - spiega il regista che al Festival ha portato anche il pilot della nuova serie tv Boardwalk Empire, in onda su Sky da gennaio -. Dai suoi affreschi ho imparato che si può raccontare una storia, parlare di una società, fare cultura e satira contemporaneamente».
Nel corso delle loro ricerche, gli operatori della Cineteca di Bologna hanno anche rintracciato una versione di poco precedente a quella definitiva, con dieci minuti in più nei quali, miracoli del digitale, spunta anche lo stesso Fellini riflesso in un occhiale. Poi si vede Anita Ekberg che si prepara ad immergersi nella Fontana di Trevi e Mastroianni che interroga le mamme dei bambini che hanno assistito all'apparizione della Madonna. Proprio quella di Mastroianni, con lo sguardo abbassato e la vista di un grosso pesce sulla spiaggia, è la scena cui Scorsese è più affezionato. «Ci si è chiesti tante volte che cosa significhi quella scena. E' la natura, la vita che ci sorprende sempre. Questi sono temi eterni». Temi universali che secondo il regista di Taxi driver tornano anche nella cinematografia italiana più recente: «Guardo sempre i film italiani con molto interesse e ultimamente sono stato molto incoraggiato da opere come Gomorra, dai lavori di Vincenzo Marra e da Io sono lamore. Mi hanno anche ispirato, è una nuova generazione che sta crescendo e sta sviluppando un nuovo stile che va incoraggiato».
La giornata dedicata alla celebrazione del capolavoro felliniano è proseguita con il red carpet prima della proiezione della versione restaurata. E quando, vestita di scuro, molto dimagrita e claudicante in seguito ad una operazione, in passerella è comparsa Anita Ekberg è stata una piccola apoteosi. Lei si è inchinata e ha ringraziato commossa: «Dopo questa caduta ho perso un po la memoria - ha detto - ma se proprio mi devo sforzare mi viene in mente l'acqua gelata della Fontana di Trevi». Poco distanti seguivano Gianluca Farinelli della Cineteca di Bologna, Scorsese e Giampaolo Letta.
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