È il caso di dirlo: la vicenda che vi stiamo per raccontare potrebbe intitolarsi «parenti-serpenti» o meglio, non sai mai fino in fondo con chi vivi in casa. Vittima di un discutibile genitore è lo scrittore Péter Esterházy, papabile Nobel, nonché brillante autore di Harmonia Caelestis (Feltrinelli), vicenda buddenbrookiana in salsa magiara che copre cinque secoli di storia. Il romanzone - magnifico dalla trecentesima pagina in poi - narra la storia degli Esterházy, famiglia di aristocratici ungheresi vicini a imperatori e re, di cui lincolpevole Péter non solo era fiero rampollo, ma anche ironico cantore. Con perizia narrava il fluire dei giorni di nonne o bisnonne, ma anche di quelle brumose lande che presto sarebbero diventate Mitteleuropa: peccato che un bel dì, nel 1949, si fecero largo quei guastafeste di comunisti imponendo lodioso regime di Stalin...
Strabordante, geniale e barocco, il libro ebbe onori e glorie se non che il buon Péter ebbe occasione di accedere agli archivi segreti dei servizi ungheresi scoprendo che il santo padre altri non era che una spia del regime comunista. Apriti cielo. Non potendosela prendere con colui che ormai era passato a miglior vita, superato lo choc fu investito da furia creativa: affrontò i dossier scritti dal padre tra il 1957 e il 1980, da cui emerse il suo ruolo dinformatore.
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