Gli scrittori non hanno più il "pollice verde"

Dopo anni di dittatura delle teorie apocalittiche a base di riscaldamento globale adesso i romanzieri si ribellano: Ian McEwan in "Solar" racconta con la satira manie e truffe degli scienziati militanti

Gli scrittori non hanno più il "pollice verde"

Allarmismo ingiustificato, pessimismo compiaciuto, moralismo anticapitalista. Riassumendo: eco-catastrofismo, più o meno sfumato. L’atteggiamento prevalente dei nostri scrittori, da Mauro Corona a Dario Fo, entrambi in speranzosa attesa della fine del petrolio (l’annessa, inevitabile strage di vecchi e bambini sarà un effetto collaterale tollerabile?), passando per le posizioni variegate degli autori della collana Verdenero (vedi scheda qui a fianco).

Non tutti gli scrittori hanno però la penna «verde». Ian McEwan nel recente Solar (Einaudi) affronta il tema con umorismo britannico. Ne esce una dura satira che colpisce sotto la cintola scienziati militanti e attivisti radicali. Così l’autore intervistato dal Giornale: «Il surriscaldamento globale non è una barzelletta, ma di certo sono comici tutti i tentativi che facciamo per risolverlo». Il pianeta è sull’orlo del tracollo? In Solar si avverte scetticismo ma McEwan non prova neppure a rispondere alla domanda. Ridicola, infatti, non è la questione in sé ma la sproporzione fra le parole (roboanti) e le azioni (meschine) di chi vuole «salvare il mondo». Michael Beard, il protagonista, è un fisico teorico di mezza età premiato in gioventù col Nobel. Caduto in uno stato di precoce declino intellettuale e fisico, lo studioso accetta con cinismo di dirigere, per conto del governo inglese, il nuovo Centro di Ricerca per le Energie Rinnovabili. Nonostante il più assoluto disinteresse per il settore, per caso ma soprattutto per dolo, egli diventa il paladino del fotovoltaico e l’acerrimo nemico dei combustibili fossili. Da pioniere a burocrate, il passo è molto più breve di quanto possa sembrare e Beard si appassiona presto all’idea di maneggiare soldi (pubblici, va da sé) con la scusa della ricerca.

Impietoso il ritratto dei compagni di avventure ecologiste, una banda di artistoidi scapestrati che scorrazza per il Polo con motoslitte superinquinanti. Vorrebbero ripulire la Terra ma non sono in grado di rispettare le norme igieniche dello spogliatoio comune. Ecco quindi sfilare il capo, «un tipo avvizzito e benevolo che aveva attraversato l’Atlantico a remi in solitaria prima di dedicare la vita alla registrazione della musica della natura (il fruscio delle foglie, il fragore delle onde)», lo scultore di ghiaccio «originario di Maiorca di nome Jesus», una coreografa che descrive «con accento francese una danza geometrica» da realizzare nelle regioni artiche per sensibilizzare l’opinione pubblica. Beard, alieno a ogni forma di idealismo, assiste apaticamente a discussioni che gli paiono surreali, salvo impadronirsi degli argomenti per personale tornaconto: «La Corrente del Golfo sarebbe scomparsa, gli europei sarebbero morti assiderati nei loro letti, l’Amazzonia si sarebbe desertificata, interi continenti avrebbero preso fuoco, altri sarebbero stati sommersi dalle acque ed entro il 2085 non ci sarebbe stata più traccia dei ghiacci estivi dell’Artico e, di conseguenza, anche degli orsi polari». Quando il discorso cade sulla politica e sui trattati internazionali, il tono si fa pacato e diventa una «litania puritana» che sa «di vecchie giornate in difesa dell’ambiente, scetticismo nei riguardi delle manipolazioni tecnologiche» e certezza che l’unica soluzione risieda «in uno stile di vita diverso per tutti» magari «nell’adesione pressoché religiosa a nuove regole di realizzazione esistenziale». Le proposte sono la decrescita e lo sviluppo sostenibile, due parole-feticcio di questi anni. E fare finalmente a meno di «supermercati, aeroporti, cemento armato, automobili e perfino centrali energetiche».

Prima del fioretto di McEwan, ci fu la clava di Michael Crichton, bestsellerista da 150 milioni di copie ma anche medico e chirurgo laureato ad Harvard. Approccio al problema completamente diverso. L’autore di Stato di paura (Garzanti, 2005), eco-thriller accolto da una raffica di polemiche, non usava mezze misure e nella postfazione al volume affrontava il tema da un punto di vista scientifico (contestato dai detrattori in quanto molto ideologico e poco aggiornato). Per lui, i fondamentalisti dell’ambiente, supportati da università e fondazioni in cerca di finanziamenti, si oppongono alla valutazione «franca e aperta» dei dati perché rivelerebbe l’inconsistenza delle teorie catastrofiste.

Dietro all’appello a nobili sentimenti, si nascondono interessi politici inconfessabili e un giro d’affari in crescita costante. La ricerca del sapere si confonde e si riduce alla lotta per il potere. Alimentare lo «stato di paura» è necessario al fine di forzare la mano ai cittadini, convinti di dover affrontare un’emergenza.

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