Scudetto, chi lo vince in trincea e chi lo fa perdere a Maradona

Le pagine oscure del calcio scritte a Genova e ricordate nel libro «Tutto il marcio minuto per minuto»

Scudetto, chi lo vince in trincea e chi lo fa perdere a Maradona

(...)non aveva giocato tutte le partite. Era in testa alla classifica quando scoppiò la guerra, quella Grande Guerra in cui morì Luigi Ferraris, medaglia d’argento al valor militare. Su quell’assegnazione «postuma» gli autori del libro, Enzo Catania e Mario Celi, si chiedono perché sia stata riconosciuta una vittoria ancora tutta in discussione.
Arbitro venduto. Sulla fedeltà coniugale della moglie nessuno avrebbe avuto prove, ma di accusare Ugo Scaramella di essere un arbitro venduto, o comprato a seconda della parte da cui la si vuole vedere, i tifosi del Genoa avevano ben diritto. Forti anche di una sentenza di radiazione decisa dalla Caf ai danni della giacchetta nera che condusse al 2-0 il Catania-Genoa del 6 marzo 1955. Per quella partita e per un Catania-Atalanta 1-0 del 22 gennaio 1954, l’arbitro incassò dai siciliani «tre assegni da mezzo milione ciascuno».
Dalla Gea al Genoa. Ciccio Grabbi il 21 giugno 2006 aveva appena finito di trascinare il Genoa in serie B quando confermò alla guardia di finanza le pressioni subite da Luciano Moggi, patron della Gea, nel 1995. Nel suo racconto anche una storia di false accuse, uscite persino sui giornali, fatte da Moggi nei suoi confronti circa la responsabilità di una rissa avvenuta in una discoteca del Sestriere la notte di Capodanno. Grabbi cede ideologicamente il testimone al neo bomber rossoblù, Marco Di Vaio, anch’egli citato nel libro, pur se con il solo «merito» di aver vestito la maglia della Nazionale quando faceva parte della scuderia Gea.
Il compagno Lucarelli. Lui era convintissimo di essere stato derubato dalla Samp e dall’arbitro Rosetti che doveva dare un rigore al Livorno ed espellere il difensore blucerchiato. Cristiano Lucarelli il 3 ottobre 2004, in sala stampa al Ferraris lanciò le sue accuse al calcio «politico», giustificando la retrocessione «delle quattro squadre i cui tifosi esibivano le immagini di Che Guevara nelle curve» e quindi una manovra analoga contro i «compagni» livornesi con una punizione politica del governo Berlusconi.
Ha ragione Falcone. La Samp non viene citata alla pagina 98 del libro, che però sembra scritta per dare ragione a Giulio Falcone che nei giorni scorsi, al liceo King, si era lamentato per gli stipendi troppo bassi dei calciatori. «Guadagnano il 18 per cento in meno rispetto a tre anni fa», conferma l’Ufficio studi della Lega Calcio.
Steward a scuola, già bocciati. Le società devono pagare la sicurezza, si dice. «A Genova è sorta la prima scuola per steward, sulla cui reale efficacia abbiamo molti dubbi - chiosano però Catania e Celi -. I maggiori candidati giungono dalle fila dei buttafuori e di quanti svolgono un ruolo piuttosto ambiguo alle porte delle discoteche».
Genova e le sue squadre tornano spesso nel «romanzo nero» del calcio.

A volte solo per fare da comparsa innocente, come nel caso della Samp, citata per aver vinto l’ultima del campionato 1997-98 in casa del Napoli di Maradona, che perse uno scudetto impossibile. Ma non ci si inganni: Genova, Genoa, Samp e loro antenate, nella storia brutta del calcio italiano ci sono finite sempre. E non sempre come vittime. Nessuno può scagliare il primo... calcio.
(2 - fine)

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