Roma - Da lì in cima, sopra i tetti di Roma, oppure di una piccola cittadina della Danimarca, il mondo è diverso. Le gambe penzolano oltre il cornicione e puoi scrutare il vuoto. Misurare il distacco dagli altri. Persino provare il brivido di lasciarti cadere. Soprattutto se sei un adolescente trascurato da genitori immaturi o distanti non solo geograficamente. Si rifugia sul terrazzone dell’istituto Pestalozzi Alex Donadei, piercing tra le sopracciglia, felpa con cappuccio e pasticche colorate distribuite durante la ricreazione, il protagonista di La scuola è finita di Valerio Jalongo, passato ieri in concorso. E si isola lassù, sopra il palazzone che dà sulla stazione dei camion, anche Elias (Markus Rygaard), in rotta con il padre che si è arreso troppo presto al cancro della moglie e madre amatissima, figura centrale di HaevnenIn a better world di Susanne Bier.
Dopo la serata inaugurale con la scenografica protesta di attori cineasti e lavoratori del mondo dello spettacolo, al Festival Internazionale del Film di Roma tornano a contare i film. E protagonisti diventano ragazzi un po’ sbandati,problematici, senza futuro come sempre di più se ne trovano nelle scuole di questi anni. Magari vittime di odiose forme di bullismo, come nella pellicola della Bier, vincitrice a Toronto. Ma stavolta sotto accusa non sono il sistema o, come qualcuno vorrebbe, il governo che non sostiene abbastanza l’istituzione scolastica, cercando di scovare un nesso tra la contestazione dei Centoautori e quella che un’opera come La scuola è finita dovrebbe alimentare.
«No, il mio non è un film di denuncia sociale», taglia corto Jalongo, che pure è uno dei Centoautori. «Ma è un film rivolto ai ragazzi che incontro nella mia professione di insegnante e che trovo sempre più irraggiungibili ». Sotto accusa è, invece, il mondo degli adulti. Tanto per capirci, al primo che gli rivolge la parola, il nuovo compagno della giovane madre che gli chiede se deve chiamarlo Alex o Daniele, il protagonista di La scuola è finita risponde secco: «Se non mi chiami per niente non sbagli».
Genitori evanescenti, madri irresponsabili, professori demotivati che, se tentano di proporsi come punti di riferimento per i propri studenti annoiati e cinici, lo fanno tra mille alti e bassi, tra mille fragilità. Nell’ordinato liceo della cittadina danese, quando uno dei ragazzi viene umiliato dai compagni, l’amico prepara la ritorsione, fredda e spietata. A scuola arrivano i poliziotti e cominciano gli interrogatori. Ma la solidarietà omertosa tra i due ragazzi si trasformerà in un’alleanza propedeutica alla violenza.
E ci vorrà il ritorno di un padre dal campo profughi in Sudan per sbrogliare la matassa. Anche nell’istituto romano con i muri coperti dai graffiti e le porte sfondate, fa irruzione la polizia con i cani antidroga- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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