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Scusate se parliamo ancora dei Måneskin

Con tutto il rispetto per il maestro Riccardo Muti (che si è lamentato per la troppa attenzione riservata ai Måneskin ai danni della cultura) qui si parla della nuova edizione del disco Rush!

Scusate  se parliamo ancora  dei Måneskin

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Scusate se parliamo ancora dei Måneskin

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Con tutto il rispetto per il maestro Riccardo Muti (che si è lamentato per la troppa attenzione riservata ai Måneskin ai danni della cultura) qui si parla della nuova edizione del disco Rush! che esce con il titolo Rush! (Are you coming?) e soprattutto quattro inediti che si uniscono al singolo che gira adesso, ossia Honey (Are you coming?). E lo facciamo di corsa, visto che tra dieci giorni i Måneskin suonano per la prima volta in Australia (4 sold out) e poi in Giappone (altri 4 sold out). Insomma, non si parla di loro per sterile servilismo modaiolo. Ma perché mai nella storia un artista italiano ha raggiunto l'equivalente di 9,2 miliardi di stream globali, è stato citato così tanto da divi e super divi e si è esibito nei festival più giganteschi del mondo, da Glastonbury al Coachella.

Al di là del legittimo orgoglio campanilista, oggi i Måneskin sono una notizia che, oltretutto, non toglie nulla alla battaglia per la cultura che, come tanti altri, il maestro Muti porta legittimamente avanti. Però poteva evitarsi la battuta sui media che «ci parlano dei rapper, dei Maneskin o Maneskot». Sono due campionati diversi, inutile confrontarli. Nel campionato del rock, le nuove canzoni della band sono un passo avanti soprattutto dal punto di vista musicale che, tra l'altro, conserva un prezioso risvolto culturale. Al di là di Trastevere, già eseguito al Circo Massimo, i passaggi chitarristici di The Driver ricordano l'adrenalina dei virtuosismi di Ritchie Blackmore nei primi Deep Purple (ma anche gli Iron Maiden di Piece of mind e Powerslave) e la power ballad Valentine ha una malinconia decadente che resta fuori dal tempo.

Sono soltanto quattro inediti ma sembrano proprio un album nuovo.

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