Lo sdegno del Milan: «Sono accuse gratuite»

Scaricato Meani «Era solo un precario, senza alcun potere»

da Roma
«Ieri il difensore della Juventus vi ha detto che oggi la società bianconera è diversa. Voglio dirvi che il Milan si presenta davanti a voi uguale a come era ieri e, speriamo, anche domani. Noi siamo gli stessi di sempre, sicuri dell’innocenza. Siamo stati deferiti, ma siamo orgogliosi di essere il Milan». Così Marco De Luca, avvocato del club, ha concluso la sua arringa davanti alla Caf, 35 minuti di calda, accorata e veemente difesa della società di via Turati. Un’arringa ancorata su solide basi giuridiche: la non sussistenza dei fatti che, secondo il procuratore federale Palazzi, dovrebbero far precipitare il Milan in B. Una conclusione con il botto che ha reso effervescente la quinta giornata del maxiprocesso al calcio, iniziata proprio con le arringhe del collegio difensivo dei rossoneri, tendenti a scagionare la società dalle sanzioni richieste: retrocessione all’ultimo posto del campionato di serie A, conseguente retrocessione in B con penalizzazione di tre punti. Ma non solo perché da difendere c’era anche la posizione di Adriano Galliani (ieri mattina presente in aula), per il quale Palazzi ha proposto l’inibizione per due anni. C’è anche Leonardo Meani, l’addetto agli arbitri del club rossonero che, con le sue telefonate a fischietti e guardalinee, ha fatto calare sul Milan quella responsabilità oggettiva che gli fa rischiare la B. Mentre per il ristoratore di Lodi il pm ha chiesto l’inibizione per 5 anni e la proposta di preclusione a svolgere in futuro attività nell’ambito della Figc, cioè la radiazione.
Ci pensa allora l’avvocato Edda Gandossi, nell’ora e dieci minuti che impiega per cercare di smontare il teorema accusatorio nei confronti di Meani, contestando telefonata per telefonata, parola per parola, sospiri e risate, andando perfino sui rumori di fondo delle intercettazioni che dal 7 marzo al 6 giugno 2005 hanno interessato il ristoratore di Lodi. Un’analisi accurata e precisa dove i rapporti di Meani, anni fa arbitro e successivamente guardalinee, con i colleghi di un tempo, vengono prospettati come conversazioni amichevoli, fraterne, cordiali fra esperti di «fischietto» e mai come pretesa di un comportamento antisportivo. Insomma semplici chiacchierate fra colleghi. Le tre telefonate con Bergamo, le due con Pairetto, ritenute istituzionali, quelle ripetute con Gennaro Mazzei, responsabile Can dei guardalinee, quelle con gli amici degli ultimi vent’anni Babini e Puglisi e anche quella con Adriano Galliani, vengono analizzate nei minimi particolari. Per le chiamate con gli assistenti il legale sottolinea «rapporti che forse travalicano i profili di opportunità nel linguaggio e nei toni, se ascoltati da terzi. Ma si tratta di rapporti di profonda amicizia». E non solo: «Parlare di sistema Milan non solo è inopportuno, ma anche scorretto» afferma Edda Gandossi. «Quanto a Meani, si è sempre attenuto a metodi di correttezza e lealtà, gli stessi che l’hanno portato a rispondere per sette ore e mezza alle domande dell’ufficio indagini. Tra l’altro è iscritto nel registro degli indagati della procura di Napoli per un reato che non prevede l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche».
Dopo la Gandossi è toccato all’avvocato Marco De Luca difendere l’ad rossonero Adriano Galliani: «Dal tenore di quelle telefonate non appare alcuna approvazione, nessun avallo alla condotta del Meani nella telefonata di un minuto e 45 secondi tra i due». Al punto che De Luca sottolinea, con una definizione da penalista, come ci si troverebbe di fronte a «insussistenza del fatto». «L’accusa mossa a Galliani non sta né in cielo né in terra, è gratuita, perché nella telefonata non c’è alcun fatto rilevante», sottolinea il legale. «Nel dna del Milan sta il rispetto delle regole. Né Galliani poteva "rampognare" Meani perché non esiste da parte sua condotta omissiva. Non aveva l’obbligo di agire e non ha agito, la sua condotta non è stata sleale. Galliani ha solo saputo delle proteste di Meani e i contatti di Meani non sono mai stati portati a conoscenza della società».
A questo punto De Luca scarica l’addetto agli arbitri del Milan: «Meani non è dirigente né dipendente del Milan, non ha un contratto in essere, ce n’è uno vecchio, insomma è un precario. E può un precario raccomandare il Milan agli assistenti? Stiamo discutendo di un’accusa costruita con un collage, senza senso. Perché non c’è raccomandazione, non c’è richiesta, né pressioni o direttive. Un uomo senza potere farebbe leva per raccomandare qualcuno? C’è la totale insussistenza del fatto».
Subito dopo è toccato all’avvocato Leandro Cantamessa. E il legale storico del Milan ha gelato tutti: «La nostra è una forza che viene dalla verità.

Resta lo stupore per la richiesta della procura federale di una sanzione che non aveva e non ha riscontro nei fatti e in nessuno dei precedenti. Noi siamo il Milan». Una frase a effetto per far capire a chi deve giudicare la società rossonera quanto siano inesistenti e senza fondamento le accuse di chi vuole trascinarla in B.

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