"Se la Consulta dice no è indecente"

Berlusconi commenta un'ipotetica bocciatura del legittimo impedimento: "Continuerò a governare e farò vergognare i pm"

"Se la Consulta dice no è indecente"

Roma - «Se l’11 gennaio la Corte costituzionale dirà no al legittimo impedimento continuerò a governare. Ma mi difenderò, scenderò in campo e racconterò agli italiani chi sono i giudici e come sono andate veramente le cose. Io non temo questo giudizio, perché non ho commesso nessuno dei reati che mi vengono attribuiti». Parola di Silvio Berlusconi, ieri sera nelle case degli italiani dal salotto televisivo di Matrix. Il premier non fa giri di parole, e ribadisce: «Se dalla Consulta ci dovesse essere un giudizio contro di me, in quel caso andrò in tv, in aula e in piazza per fare vergognare i pm che mi accusano».

Davanti alle telecamere, il Cavaliere affronta tutti i nodi dell’agenda politica. Apre a Casini perché «l’ho detto più volte a Pier. Ti voglio bene nonostante tu sia così». Uno schiaffo a Fini che tira il freno a mano e abbozza che ci sono le condizioni per terminare la legislatura perché «sono dichiarazioni che hanno dell’incredibile soltanto pochi giorni dopo la mozione del voto di sfiducia». Poi due rivelazioni: «Ho dovuto personalmente fermare gruppi di moderati che volevano venire con noi perché ho visto cosa stava accadendo a chi ha lasciato il proprio gruppo per appoggiare la maggioranza». Ogni riferimento alle minacce agli ex finiani finiti nel mirino per non aver votato la mozione di sfiducia al governo è voluta. E ancora: «Ho in mente il nuovo nome del partito. Sarà un nome corto».
È un Silvio Berlusconi a tutto campo quello andato in onda nella lunga intervista a Alessio Vinci. La linea è sempre quella: cercare di allargare la maggioranza, ma se non si riesce si andrà al voto anticipato. Tema principale della puntata il futuro del governo e della legislatura, dopo la fiducia acciuffata per pugno di voti. Il premier è combattivo e determinato. «Non ho mai avuto paura per le sorti del mio esecutivo - dice - e personalmente ho fermato deputati che volevano passare con la maggioranza vista la violenza nei confronti di chi ha cambiato gruppo». Nessuna compravendita: «Il calciomercato non c’è mai stato e non ho mai utilizzato posti di governo, che sono circa dieci, per convincere deputati a passare con noi. Anche chi ha lasciato l’Italia dei valori lo ha fatto per l’impossibilità di stare con un leader che non sopportavano più».
Evidente che ora gli occhi sono puntati su Casini e l’Udc. Il premier è moderatamente fiducioso sull’apertura offerta dal leader centrista: «Un’opposizione democratica dovrebbe sempre dare il suo voto a provvedimenti che sono interesse di tutti. Purtroppo la nostra opposizione non è democratica». Si riferisce alla sinistra, il Cavaliere. Quanto a Fini e il Terzo polo, «Se saranno un’opposizione democratica, bene!». Ma è inevitabile stuzzicarlo su Fini e Casini. Sono sullo stesso piano? Berlusconi ricorda: «Casini si presentò con noi nel 1994. Appartiene al centrodestra, i suoi elettori sono i nostri e fa parte della grande famiglia del Partito popolare europeo». E poi svela un aneddoto: «Quando abbiamo creato il Pdl, Fini si oppose all’ingresso di Pier e mi disse “O An o Casini”». Insomma, per Berlusconi «è del tutto innaturale la lontananza dell’Udc dal Pdl».

Il corteggiamento ai centristi continua anche se «Chiesi a Casini di sostituirsi ai finiani e gli offersi di dare appoggio esterno al governo dicendo che gli italiani avrebbero apprezzato. Casini ci rispose che dovevamo dare dimissioni, e chiedere un governo di unità nazionale». Naturale il no perché i «nostri elettori non avrebbero capito». Prudenza è la parola d’ordine sulle aperture di Casini che, secondo Berlusconi, «potrebbe veder ridurre le fila del suo gruppo come accaduto con la fuoriuscita di Mannino e Romano».
Sullo sfondo resta il voto anticipato e il premier confessa che qualche dubbio sul Pdl ce l’ha: «È un acronimo che non commuove, non emoziona. Ma non possiamo e non vogliamo tornare a Forza Italia. Il partito fondato nel ’94 è alle nostre spalle - dice -. Il Pdl è voluto dalla gente oltre che da noi. Ma c’è il pericolo che incombe sul nome visto che il Fli potrebbe avanzare pretese». Poi la notizia: «Ci sarà un nuovo nome, io ce l’ho in mente ma prima dobbiamo depositarlo. Probabilmente sarà una parola sola». Mistero su quale ma «non sarà Silvio», assicura il Cavaliere sorridendo.
Le elezioni quindi restano all’orizzonte. «Vogliamo allargare la maggioranza ma ove non ci riuscissimo torneremo al popolo sovrano. Le urne però non farebbero bene in un momento di crisi. Spero che potremo continuare amplificando i numeri. Se non avverrà sarà ritorno al voto». Poi giudizi graffianti anche per la stampa estera che «si abbevera a Repubblica e agli altri giornali di sinistra che non possono esserci favorevoli» e all’antiberlusconismo. «Io sono sempre lo stesso - dice -. Faccio quello che sento essere il mio dovere. Gli attacchi che mi fanno più male? Tutti. Io cerco di essere rispettoso e premuroso, ma penso che non ci sia nessuno che possa dire che il mio governo ha fatto tanto così di male. I mafiosi arrestati sì, gli altri no».

Alla fine della lunga intervista, Berlusconi indica il suo successore: «Sarà un giovane. Nel governo ci sono tanti bravi ministri.

Donna? Non lo escluderei»; parla dei leader dell’opposizione, e promuove il sindaco di Firenze Renzi: «È venuto a parlare con me e mi ha fatto un’ottima impressione. Assurdo che lo si criminalizzi per questo». Bersani? «Mi ha fatto un’ottima impressione all’inizio ma adesso il mio giudizio è cambiato».

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