Se continua ’sto caldo stiamo freschi

Allarme rosso, emergenza, pronte le squadre di soccorso, attivate le unità di crisi. Calma, non sta per scoppiare la guerra, non sono stati segnalati movimenti di truppe straniere dalle parti di Chiasso o Mentone, il centralino del Quirinale non ha ricevuto chiamate urgenti. Stasera scade l’ordinanza firmata da Maria Rita Lorenzetti, bionda presidente della Regione Umbria: due giorni di stato di emergenza in tutto il territorio. Da domani si spera di tornare alla normalità. La calamità non sempre è naturale, spesso ci pensiamo noi a stimolare l’evento.
Qui si parla e si scrive, tanto, troppo, di caldo, di ondate di calore che avanzano minacciose, dovunque, il mezzobusto del telegiornale apre il notiziario e offre una faccia di circostanza, nemmeno sudaticcia, il tono è serio, verso il drammatico, la frase si ripete per l’intera giornata: «Emergenza nel Paese per il caldo torrido». Avviso ai giornali, gierre, tiggì, a noi tutti: se c’è qualcosa che in Italia non è TORRIDO è il caldo. Se stiamo all’etimologia l’aggettivo che riempie la bocca da Vipiteno ad Acireale significa SECCO e invece l’estate nostrana propone un’umidità schifosa che si appiccica alla pelle, per il secco rivolgersi altrove. Proseguo. Da un po’ di tempo va di moda la temperatura percepita. Non bastava il termometro con i suoi bei gradi segnalati dal mercurio oppure le statuine che cambiano colore o entrano ed escono dalla casetta tra un Celsius e l’altro. No, ci vogliamo fare del male fino in fondo, dunque se al controllo verifichiamo che i gradi sono 35, già pesanti, arriva lo scemo del villaggio e spiazza i clienti del bar: percepiti 40. È un po’ quello che accade con lo stipendio ma al contrario, uno ritira mille euro ma percepiti sono cinquecento. Subentra il panico, si cerca un appiglio, il porta a porta provoca l’aumento della temperatura, si aprono tavoli di dibattito, un caldo così non si ricorda nell’ultimo secolo, le fontane vengono prese d’assalto, in spiaggia ci si raggruppa sotto l’ombrellone, moltiplicate le vendite di gelati, tipo ghiaccioli, esaurite le scorte di condizionatori d’aria (ma sono loro i grandi responsabili, piazzati dovunque, auto, uffici, case, scuole, sputano fuori aria calda, umida, tossica di tabacco e polvere), non si trova un ventaglio a pagarlo oro, i binari si dilatano, i treni traballano, da repertorio ffss, faticano gli aerei, tra turbolenze climatiche e turbative sindacali. Sto esagerando? Io? Non credo, basta leggere e ascoltare, si passa da un estremo all’altro: due settimane fa sembrava autunno, piumini e pullover lottavano con noi per la resistenza, la pioggia inzuppava i campi, frutta e verdura, fradice d’acqua, costavano il doppio e avevano il sapore della carta bagnata, deserte le terrazze e i dehors di bar e ristoranti, disperati i titolari degli esercizi. Emergenza alluvione, esplosione di tombini, inondazioni, frane, crolli. Nemmeno il tempo di strizzare i panni, di spalare il fango e di ripulire il giardino ed eccoci con l’emergenza zanzara tigre e poi l’effetto serra, arrivano le meduse, i ghiacciai si sciolgono, gli orsi polari dimagriscono, le foreste avanzano, il riscaldamento soffoca la terra, tra cinquant’anni al polo nord verranno inaugurati i primi stabilimenti balneari, balene e salmoni preparano i bagagli, otto città italiane sono a rischio collasso da canicola, in Umbria la Lorenzetti ha provveduto ad allestire centri di accoglienza per i bisognosi. Vengono individuati a rischio le persone oltre i 64 anni, i neonati e bambini al di sotto di 1 anno, gli obesi, i malati mentali, i portatori di malattie croniche, coloro che assumono farmaci e sostanze che modificano la percezione del calore e la termoregolazione.

Se ne parla, se ne riparla, la temperatura sarebbe anche accettabile, ma in questo caso è davvero tolleranza zero, ormai non si sopporta più nulla, il gelo d’inverno, l’afa d’estate. Aveva ragione il principe de Curtis, in arte Totò: «Se continua ‘sto caldo stiamo freschi».

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