Se l’Europa stringe i cordoni della sua borsa

Caro Granzotto, Robert Diamond è senz’altro un uomo fortunato. Non ha ancora 60 anni e figura per la terza volta tra le 50 persone più influenti al mondo. Di mestiere fa il banchiere, per l’esattezza è l’amministratore delegato della Barclays. Indubbie le capacità professionali, forse non adeguato il compenso. Non tanto per i risultati che garantisce alla sua azienda, quanto al confronto con le risorse messe a disposizione dall’Unione europea per fronteggiare l’emergenza immigrati. Mr. Diamond guadagnerà quest’anno 10,1 milioni di sterline, che al cambio attuale fanno fra 15 e 17 milioni di euro. E qui viene il punto. La Commissione europea ha messo a disposizione per tamponare l’emergenza immigrati (un esodo continuo) esattamente lo stesso ammontare di risorse che un uomo solo, Mr. Diamond, guadagna in un anno. Anzi. A dir la verità, il primo stanziamento era stato inferiore (8 milioni, la metà della dichiarazione dei redditi del banchiere). Si può discutere se il compenso del banchiere sia troppo alto. Di certo l’intervento economico europeo è ridicolo. Per capire quanto le istituzioni di Bruxelles siano lontane dalla sponda sud dell’Europa va anche considerato che Frontex, l’agenzia europea per l’emergenza immigrati, di fronte alle rivolte in Tunisia, Egitto e Libia ha messo a disposizione una barca e due aerei. In conclusione: Robert Diamond è senz’altro un banchiere ben pagato, e forse l’intervento europeo è sottodimensionato. O, a essere benevoli, distante dalle conseguenze che queste rivolte del Maghreb potranno produrre nel Continente.
Bruxelles

Non è confortante e non alimenta certo l’europeismo (sentimento in me assente del tutto) sapere, caro Rossetto, che per un problema drammatico come quello degli esodi di nordafricani diretti in Europa questa abbia stanziato, cavandoglieli col forcipe, quanto un banchiere di rango guadagna in un anno. Intanto, però, la baronessa Catherine Ashton, ministro degli Esteri dell’Ue la cui azione nel gestire la crisi in Nordafrica è stata e seguita a essere nulla, meno di zero, trova soldi a palate per ingigantire e infiocchettare la sua struttura: 15 milioni per le sole pubbliche relazioni; 12 milioni di canone annuo per gli uffici di ben 220mila metri quadrati in un tozzo palazzone tutto vetro e acciaio detto, per la sua forma, il Triangolo; 7mila funzionari a busta paga che andranno a occupare centinaia di «rappresentanze», e in folta schiera (46 alle Barbados, 20 a Timor Est, 18 a Gibuti, 27 in Paupasia, 39 a Mauritius, 59 in Burkina Faso...); 150 auto blu molte delle quali blindate, per un costo, seppur suddiviso in quattro anni, di 31 milioni. E ci aggiungiamo anche lo stipendiuccio della Ashton: 23mila euri al mese. Con le spese generali, gli annessi e connessi se ne vanno, per tenere nella grascia l’inutile - di «action» non se ne vede l’ombra - European External Action Service, minimo 200 milioni. Di soldi nostri, perché si tende a dimenticare che al gigantesco bilancio dell’Unione, noi italiani contribuiamo con una quindicina di miliardi, parte dei quali ci tornano in contributi strutturali o per l’agricoltura, ma il resto serve a sostenere le megalomanie e l’alta qualità della vita dell’eurocasta. Si potrebbe anche chiudere un occhio, all’insegna del tutto il mondo è paese e dunque lo è anche l’Europa.

Ma quando si viene a sapere che per l’emergenza immigrati la sois disant patria comune ha messo a disposizione una imbarcazione, due aerei e un miserando budget di 17 milioni (poco più di quanto Ashton spende in pubbliche relazioni), gli occhi li dobbiamo aprire per forza. E cominciare a farci qualche domanda, la prima delle quali è: al di là delle tronfie retoriche sugli ideali comunitari, il gioco europeo vale la candela nazionale e identitaria?
Paolo Granzotto

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