Se Latorre fa shopping per Bocchino

RomaLe speranze del Pd sono due, ed entrambe di centrodestra: una si chiama Fini, l’altra - allo stato molto più evanescente - Bossi.
Fini, come ragiona un dirigente di opposizione, «difficilmente può rovesciare Berlusconi, anche perché non ha alcun interesse a passare per il “traditore”, ma può sfiancarlo definitivamente». E dunque l’ex leader di An (che nelle ultime settimane ha avuto lunghe e approfondite conversazioni sulle sue intenzioni con lo stato maggiore del Pd) va incoraggiato e sostenuto nel suo distacco dal Pdl. Per questo non ha fatto una piega, anzi ci ha quasi creduto, l’esponente del Pd che si è sentito dire dal vicecapogruppo al Senato Nicola Latorre: «Che fatica, ci toccherà passare il weekend al telefono per cercare di aiutare i finiani a fare ’sto gruppo al Senato».
La battuta attribuita a Latorre la dice lunga sugli umori del principale partito di opposizione, anche se lui spiega: «Figuriamoci se mi metto a dare una mano ai finiani: sono uno dei pochi, nel Pd, che ha sempre detto che dobbiamo evitare di fare pasticci scegliendoci cavalli nella maggioranza. In fondo a questa crisi vedo solo le elezioni, e secondo me se sponsorizziamo troppo Fini rischiamo solo di regalargli un po’ di voti. Nostri, mica di Berlusconi».
Ma se Latorre è scettico, quelli che al Senato tifano per Fini non mancano certo: «Se riesce a fare il gruppo - spiega Fabrizio Morri - ci permette di dire che il Pdl non c’è più, e che si sono create le condizioni di una crisi vera», dunque se c’è da dare una spintarella: «Noi faremo la nostra parte». L’esponente veltroniano Stefano Ceccanti però frena gli entusiasmi con i numeri: «Arrivare a dieci senatori non sarà difficile, per i finiani, tanto più che il governatore siciliano Lombardo dovrebbe dar loro una mano e prestargliene un paio. Ma servirà a poco, perché a Palazzo Madama il governo è solido anche senza di loro: avremo due Camere con maggioranze diverse». Quanto alle strategie del Pd, Ceccanti preannuncia l’opposizione veltroniana alla linea «ribaltonista» D’Alema-Bersani: «Ipotesi come quella di sostenere un governo Tremonti che fa la riforma tedesca non esistono, la gente non capirebbe: noi abbiamo perso le elezioni e non possiamo avere ministri o stare in maggioranza».
La crisi del Pdl crea maretta nel Pd.

Un alto dirigente che ha avuto modo di parlare in questi giorni con Fini spiega che il presidente della Camera, in realtà, cercherà in tutti i modi di non staccare prematuramente la spina a Berlusconi: «L’ideale, per lui, sarebbe dare un sostegno esterno a questo governo fino a fine legislatura: così avrebbe il tempo di costruire il “suo” partito, di fare campagna acquisti, di stabilizzare i suoi gruppi, legittimandosi come unica alternativa nel centrodestra al Cavaliere. E poi, come ci ha confidato, fare il presidente della Camera gli piace assai. E non vorrebbe smettere prima del dovuto».

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