Cultura e Spettacoli

"Se mi danno più soldi faccio una Rai4 generalista"

Carlo Freccero, direttore del canale digitale Rai4: "Il primo anno è stato un boom grazie a film e serie". E su internet: "I giudizi nei blog per me contano come l'Auditel"

"Se mi danno più soldi faccio una Rai4  generalista"

Rai4, il canale di Carlo Freccero nato un anno fa (14 luglio 2008), è diventato un altro caso di successo per la nuova piattaforma. Con le sue serie tv americane, i film dall’infinito archivio Rai, e novità scoperte in giro, come la serie cinese su Bruce Lee, Rai4 si piazza spesso - nella galassia dei «nanoshare» digitali - davanti alle corazzate di Sky e Fox.

Freccero, contento?
«Siamo riusciti a raggiungere quel tipo di audience attiva che oggi i media ricercano, quel pubblico che non vuole un consumo passivo della tv. Abbiamo fatto conoscere questa rete attraverso il web, e la Rete ha dato una risposta pronta, per me i giudizi dei blog contano come l’Auditel. La Rete ci ha visto come una risposta al nuovo scenario competitivo dominato dalla presenza Sky. Come Mediaset ha aggiornato la sua offerta così mi sono dovuto arrangiare anche io con un’offerta gratis in risposta alla multiofferta Sky».

Dicono che Rai4 sia una sorta di tv generalista.
«Siamo una semi-generalista, perché le auto-produzioni sono molto poche. Se fossimo generalisti vorrebbe dire che sarei a metà dell’opera, invece sono solamente alla fase iniziale. Abbiamo creato un’offerta molto coerente con una forte editorialità che pratica generi poco presenti sulla tv generalista, come il fantasy, con serie come Angel e Taken. L’anno prossimo avremo altre serie e tutti i film di Star Trek. Ho fatto scelte selettive, di nicchia, ma così ho dato visibilità alla rete».

Punti di forza del vostro palinsesto?
«Le serie tv e i film, anche questi serializzati. Non abbiamo dato i film a casaccio ma li abbiamo raggruppati come fossero di genere. Ho trasformato i film in serie».

Il prossimo passo?
«La produzione in casa nostra di fiction, programmi di intrattenimento, show comici. Abbiamo fatto un pilot di Giochi sporchi, di Gregorio Paolini, e stiamo lavorando per ricavarne una serie di 12 puntate. È una fiction a bassissimo costo, un esperimento fatto in modo quasi clandestino, ma che col pilot ha dato buoni risultati. Perciò vogliamo andare avanti su questa strada».

Diceva di un programma comico.
«Si è ancora da studiare ma ho già in mente di utilizzare un personaggio che è ancora poco utilizzato dalla tv generalista, Ubaldo Pantani, che ha lavorato con la Gialappa’s band dove imitava i personaggi del Grande Fratello. Poi abbiamo altri progetti per il 2010 ma è troppo presto per parlarne».

Progetti da grande tv, e i soldi per farli?
«Ovviamente occorre che il prossimo budget sia superiore a quello di quest’anno, in modo da affrontare questo secondo step della televisione».

Lei ha scritto un saggio per la fondazione dalemiana ItalianiEuropei dove scrive: «La politica non deve perdere la battaglia ideologica della tv digitale». Ovvero?
«La politica non capì la rivoluzione della tv commerciale, che era inevitabile e sarebbe arrivata comunque. Ora abbiamo davanti questa seconda battaglia ideologica con la tv digitale, che cambia il modo di consumare la televisione. Anche per chi la fa, come noi, c’è la sfida di caratterizzarla in modo forte».

La rivoluzione digitale migliora la tv?
«Non voglio dare giudizi di valore, dico che sarà diversa. Dipende da noi, dobbiamo saper afferrare il cambiamento e non subirlo, trincerandosi dietro il passatismo.

Dobbiamo surfare sul futuro».

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