Se nel Veneto leghista gli operai votano come il loro «paròn»

In Veneto un operaio su due ha votato Lega. Il dato, proveniente da un centro studi Tolomeo, composto da accademici delle università di Firenze e Trieste e riportato ieri da il Gazzettino, stupisce, ma solo fino ad un certo punto. I sintomi che il centrodestra avesse cominciato a raccogliere consensi anche nei ceti più popolari, ritenuti in passato un tradizionale bacino di voti per la sinistra, erano apparsi evidenti sin dalle scorse elezioni politiche. Questa tendenza non ha fatto altro che ampliarsi, giungendo poi al risultato eclatante delle ultime Regionali, dove lo sfondamento nelle aree esterne all’elettorato storico del centrodestra ha trovato nella Lega il suo ariete migliore. Lo studio, infatti, evidenzia che, a fronte del 48% dei consensi leghisti tra gli operai, a cui si aggiunge la quota del Pdl, solo il 25% rimane indirizzato verso la sinistra, un dato persino più basso della media regionale. A questo punto, partendo dal «laboratorio» dell’industrializzato Nordest, occorre fare alcune riflessioni che investono tutta la politica italiana ed il suo rapporto con i ceti produttivi. Innanzitutto va segnalato come una coalizione politica, quando raggiunge percentuali di maggioranza assoluta, è per forza pesantemente rappresentata anche negli strati medi e popolari della popolazione: se poi, come nel caso del Veneto, i consensi di Lega e Pdl superano il 60% (più che doppiando quelli ottenuti dal principale partito di opposizione), è evidente come non si possa più parlare di un partito espressione solo di una parte della popolazione ma di un ampio consenso trasversale. Fatta questa premessa, in una situazione di questo tipo, va guardato con estremo interesse l’allineamento degli interessi politici fra i lavoratori e i datori di lavoro, cosa fino a non molti anni fa considerata inconcepibile se non a sinistra nelle realtà cooperative del Centroitalia.
Se si chiede ad un imprenditore veneto come sia possibile che i suoi operai votino come lui, fra pazienti sorrisi si ottiene sempre, con pochissime varianti, la stessa risposta: «Io vivo con i miei operai, condivido con loro i problemi e i successi, da noi i sindacati servono a poco perché se dobbiamo dirci qualcosa abbiamo ogni modo per farlo direttamente». E la sinistra? «La sinistra ha toppato - mi dice al telefono un importante industriale di Treviso -. Sarà un caso, ma le grandi delocalizzazioni sono cominciate sotto i governi di D’Alema e Amato e la gente ha visto spostarsi nei Paesi dell’Est fabbriche che erano lì da sempre, mentre il governo di sinistra, invece di facilitare la vita degli imprenditori, si inventava solo tasse e pastoie. L’Irap fu messa nel 1997 e da allora ogni anno ci ricordiamo di chi l’ha inventata». Il colpo di grazia poi arrivò con Prodi, dove i numerosissimi piccoli imprenditori che si svegliavano all’alba per lavorare venivano messi quotidianamente alla gogna come evasori, mentre i lavoratori dipendenti, contribuenti forzatamente fedeli, si sono visti aumentare le aliquote proprio «per colpa» della loro dichiarazione veritiera. A questo quadro va aggiunto che la mancanza di soldi nelle casse statali e il frequente dirottamento dei pochi rimasti verso le regioni del Sud, fa apparire sempre più remota la possibilità di ottenere una qualche rendita dalle tasche del pantalone romano. Insomma, se lo stipendio non lo paga l’imprenditore è difficile che lo paghi qualcun altro. È facile capire che in quest’ottica anche l’operaio si ritrovi con gli stessi interessi del suo datore di lavoro e votare sinistra non è vista come una scelta utile. Tutto bene per il centrodestra, dunque?
Niente affatto, un elettorato così consapevole ci mette poco a voltare le spalle. Al momento la Lega è ben vista in quanto focalizzata sulle cose da fare, sia sul piano nazionale che sul territorio, dove lo stesso Zaia, con la sua storia «normale» di ex ragazzo che racimolava qualche soldo durante gli studi lavorando come custode in discoteca, è percepito da tutti come uno del popolo, mentre Berlusconi conserva ancora al Pdl la credibilità dell’impegno contro le tasse e l’invadenza statale, ma la prossima partita vera si giocherà sulla capacità di realizzare oltre le promesse il programma del centrodestra nel resto della legislatura.

Un largo e trasversale consenso è una grande responsabilità ma va meritato e mantenuto: chi nelle regioni del Nord ha votato il Pdl e la Lega si aspetta che il governo lavori quanto si è lavorato nelle imprese per riuscire a stare a galla anche durante la crisi: non è più tempo di indugi e mediazioni.
posta@claudioborghi.com

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