Politica

SE IL NORD SI SENTE TRADITO

Che prospettiva per il nord-est, alta velocità o faticosa lentezza? Un dilemma non campato in aria che è stato sviscerato in due documentate e polemiche pagine dal Gazzettino di Venezia: pagine la cui conclusione era accorata e irata insieme. Nord-est penalizzato. Il Cipe ha escluso dai finanziamenti il percorso Brescia-Verona-Padova e il prolungamento fino a Trieste della Tav, per privilegiare la tratta Napoli-Bari.
Le proteste di esponenti del mondo politico e del mondo economico sono state corali e trasversali. Il «governatore» Galan pretende «con la massima durezza» dal governo la revisione della delibera del Cipe, il presidente della Confindustria veneta Andrea Tomat è furioso e il parlamentare del Pd Andrea Martella ne condivide «dalla prima all’ultima riga» il ragionamento. Ciò che più sorprende in questa vicenda non è la discutibilità delle decisioni adottate. Da tempo immemorabile siamo rassegnati ad errori politici e amministrativi: sorprende invece il fatto che il torto al nord sia venuto da un esecutivo che è guidato da un imprenditore milanese e che conta tre autorevoli ministri veneti, Brunetta, Sacconi e Zaia. Nessuno dei tre ha specifiche competenze per l’alta velocità: ma tutti e tre hanno di sicuro seguito il lungo dibattito sul percorso sulla Tav in Val di Susa. Adesso che la tempesta campanilistica pare placata, sopravviene un diktat burocratico in danno del più ambizioso progetto europeo, il Corridoio V da Barcellona a Kiev.
Mi occupo di questo problema senza averlo davvero approfondito: un’impresa, l’approfondimento che, vista la complessità dei riferimenti tecnici e finanziari, richiederebbe anni di studio. Quel margine mi manca. Mi rendo conto, inoltre, d’una certa sordità dell’opinione pubblica per procedure che esigono tempi non brevi e valutazioni complesse. Quando sulla ribalta campeggia un personaggio come il fidanzato di Noemi, al cittadino resta poco tempo per riflettere sull’Alta Velocità. Ma abbiamo visto che per fortuna c’è chi, nonostante tutto, ci riflette. E avverte in questa faccenda l’ultimo segnale, o indizio, o prova d’una debolezza del Settentrione quando si tratti di utilizzare fondi pubblici. I soldi a disposizione - tutti ne siamo consapevoli - sono ora più che mai limitati. Debbono essere utilizzati per iniziative che diano un frutto certo, che aiutino cioè il Paese a uscire dalle difficoltà in cui - insieme a tanti altri - si dibatte.
In Veneto hanno la convinzione - che sarà anche campanilistica ma alla quale non si può negare fondamento - che un colpo d’acceleratore all’economia possa venire dall’Alta velocità tra Torino e Trieste piuttosto che dall’Alta velocità tra Napoli e Bari. Aderisco a questa tesi, temo le erogazioni di denaro a pioggia in favore di chi si lamenta con maggiore impeto, e sarò un’ennesima volta accusato di settarietà nordista. Non voglio in nessun modo alimentare il mito di una padanità capace sempre di eccellere, perché troppe situazioni recenti lo smentiscono. Dell’Expo si può dire tutto ma non che sia stata finora un successo, dalla competizione con altre metropoli come Barcellona Milano è uscita malconcia, la cosiddetta «capitale morale» fatica ad esprimere personalità di livello per incarichi importanti, Torino soffre i mali dell’automobile, il Veneto ha perso slancio. Non c’è nulla per cui esaltarsi.
Ritengo tuttavia che ci sia ancora meno del nulla di cui esaltarsi tra Napoli e Bari, e che finanziamenti assegnati alle aree più produttive del Paese avrebbero migliore sorte dei finanziamenti assegnati ultimamente a Roma - ci si accorge che è sporca - o a Catania. Il governo deve essere, o almeno sembrare, imparziale. Deve inoltre tener conto del fattore umano. Ma questi criteri hanno portato sovente non all’imparzialità ma al lassismo sperperatore, ossia ad operazioni inconsulte di ripianamento per debiti contratti da enti locali dissennati. La Tav è stata il simbolo di una litigiosa Italia delle valli, il no a tutto e sempre.

Superato quell’ostacolo, non facciamone della Tav il simbolo dell’Italia che va, ma in direzione sbagliata.

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