Giorgio Mulé, direttore di “Panorama”, hai qualcosa da rimproverare al collega indagato?
«Assolutamente nulla. Amadori ha fatto straordinariamente bene il suo mestiere di cronista perché ha avuto informazioni puntuali e verificate, tutte poi riportate sul giornale con la massima trasparenza. Gliel’hanno perfino riconosciuto i magistrati».
Eppure l’hanno indagato.
«Nell’avviso di garanzia gli si rimprovera di aver utilizzato dati forniti dal finanziere “per i propri articoli giornalistici”: l’unico uso che Amadori fa delle informazioni è dunque per il suo lavoro. Lo stesso pm elenca sia i personaggi per i quali sono state fatte le verifiche, sia soprattutto gli articoli redatti in base a quei dati».
Ebbene?
«Tutte le interrogazioni al terminale sono legate alla stesura di articoli per Panorama, quindi Amadori ha svolto unicamente un’attività di raccolta di informazioni a fini giornalistici. Lo voglio precisare perché è in voga in questo Paese una lettura distorta degli avvenimenti, prova ne sono anche le ultime vicende su Confindustria in cui più o meno vergognosamente vari giornali e agenzie hanno mescolato i fatti rappresentandoli in maniera distorta».
Nessun dossieraggio, nessun killeraggio: è questo che vuoi dire?
«Nessuno si azzardi a dire che è stata fatta una raccolta di dati per ricattare o preparare chissà quali dossier, perché ne va di mezzo l’onorabilità di Amadori e di Panorama. Sottolineo tre volte che non si tratta di dati sensibili e quindi riservati, ma informazioni sui redditi per i quali c’è totale accesso, riconosciuto anche dal Garante della privacy».
Non è singolare la coincidenza tra l’indagine su “Panorama” e le polemiche con Confindustria?
«Sicuramente. Guarda caso, tra gli articoli menzionati nell’avviso di garanzia c’è anche il famoso “Puglia: questo è un business che puzza” pubblicato il 2 settembre 2009, quello per cui Amadori subì le pressioni e le minacce dell’ex portavoce di Emma Marcegaglia. Non voglio fare il dietrologo, certo che la coincidenza temporale quantomeno sospetta lo è».
Conosci il finanziere arrestato?
«Mai sentito nominare fino a oggi. Mi dispiace molto per lui. Per quanto hanno notificato ad Amadori il provvedimento è abnorme: arresti domiciliari per aver interrogato al terminale dati che non sono sensibili e per i quali egli non ha preso soldi da Amadori».
Lo escludono perfino i magistrati, altrimenti avrebbero ipotizzato la corruzione del pubblico ufficiale.
«L’unica contestazione riguarda l’intrusione indebita nel sistema informatico. Amadori non ha dato una lira al finanziere, né sarebbe potuto essere diversamente. È un rapporto normale tra un giornalista e una fonte».
Eppure sulle agenzie di stampa si parla già di “vip spiati”.
«Amadori ha chiesto solo dati delle dichiarazioni dei redditi in modo assolutamente legittimo. Ha raccolto informazioni verificate, attendibili e l’ha fatto bene. È il clima generale ammorbato, invelenito, in cui noi giornalisti guardiamo al nostro interno con diffidenza, acrimonia, pregiudizio. Un tempo questi fatti avrebbero coagulato la categoria, mentre ancora non ho visto uno dei tanti blogger che si strappano le vesti per la libertà di stampa alzare il ditino per un uomo di Confindustria che minaccia un giornale libero».
Indagano “Panorama” ma non il “Fatto Quotidiano” che pubblica in tempo reale audio e trascrizioni delle telefonate tra Porro e Arpisella.
«Peggio.
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