Fa una certa impressione parlare a tua insaputa al Salone del Libro di Torino. Ma diventa sgomento se poi uno stronca quel che hai detto e un altro addirittura si complimenta per l’ottimo intervento che hai fatto, sempre senza accorgertene.
Ed io ad arrovellarmi, ma che fregnacce avrò detto o che cose mirabili avrò esposto in un convegno dove non ero presente, in una fiera che non ho visitato, in una città da dove manco da più di un anno? Di più, mentre parlavo a Torino, contemporaneamente parlavo davanti a testimoni nel Salone dei Musei Capitolini, in Campidoglio a Roma.
Un caso miracoloso di bilocazione, ma con il mistero aggiuntivo che il protagonista non ne era al corrente. Il lato grottesco della vicenda è che ero bello e stampato da giorni nel programma del Salone, previsto venerdì 12 alle ore 15. Non lo sapeva solo l’interessato, che non è mai stato interpellato in materia: dovevo presentare un libro che non ho scritto né letto e nemmeno ricevuto e di cui non ho mai avuto l’invito a presentarlo.
Lamentano la diserzione dei lettori dalle librerie; e la diserzione degli autori, complici gli editori, dove la mettiamo? Forse, anche gli autori come i libri non esistono più fisicamente, ma vanno scaricati da internet.
O forse davvero non esisto, ero una diceria messa in giro dal Salone del libro per riempire un buco o fingere di aver invitato anche un outsider.Minima parabola con un insegnamento: la scomparsa del libro si porta insieme la scomparsa dell’autore. Che è scomparso a sua insaputa, perciò continua a scrivere.
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