«Io vado pazza per Tiffany... specie nei giorni in cui mi prendono le paturnie», diceva Audrey Hepburn nel mitico film «Colazione da» liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Truman Capote. E così deve aver pensato la persona, probabilmente una donna, che ha avuto la bella pensata di promuovere sul mercato britannico la bibita Appletizer targata Coca Cola con un concorso che aveva come premio per l’appunto «una cena per due da Tiffany sulla Quinta Strada di New York seguita da una esperienza di shopping personalizzato e una gift card di mille dollari da spendere nella gioielleria». Peccato che i vari pezzi medi e grossi della Coca Cola che nei mesi scorsi hanno via via approvato la promozione abbiano dato per scontato il consenso di Tiffany. Ciascuno deve aver pensato che l’aveva ottenuto il rispettivo sottoposto: «Mica mi presenterà il progetto di un’iniziativa senza aver coinvolto il padrone di casa».
E quindi, a ottobre lancio in grande stile del concentrato di mela nel Regno Unito con tanto di istruzioni per vincere la famosa cena da Tiffany stampigliate sulle migliaia di lattine che sono state ben posizionate, come impone la forza della Coca Cola, negli scaffali più redditizi dei supermercati delle Isole britanniche. E sul contenitore dell’Appletizer non solo c’era scritto come partecipare al concorso (bisognava inviare un sms con la parola «Apple» seguita dal codice trovato sulla lattina a un numero dedicato dal quale subito avrebbero risposto «hai vinto» oppure «ritenta») ma c’era anche l’inconfondibile silouhette della Hepburn. Insomma, più Tiffany di così era impossibile. Resta da capire quanto fosse sensata ed efficace una strategia di marketing che proponeva ai sudditi di Elisabetta II l’accostamento dei diamanti più glamour del Nuovo Mondo con una bevanda gassata, e analcolica, nata in Sudafrica, ottima per far digerire ai bambini le pizze e i kebab divorati sul divano durante Liverpool-Manchester United.
Comunque, per ora il risultato è il seguente: Tiffany porta in tribunale la Coca Cola e chiede che i giudici della High Court di Londra impongano alla multinazionale delle bibite gastrodilatatorie di distruggere le lattine incriminate nonché di pagare danni e spese di giudizio. Anzi, una bella causa milionaria anche contro le quattro aziende della grande distribuzione che hanno messo in vendita i barattoli con sopra la mitica testimonial di Tiffany. «Non c’è alcuna cena nella nostra saletta Vip. E neppure il personal shopping - ha detto papale papale al Daily Telegraph un portavoce della gioielleria -. Queste sono cose organizzate soltanto su nostro invito. Coca Cola ha agito senza autorizzazione». La replica dei produttori dell’Appletizer: «Siamo scioccati dalla reazione di Tiffany: noi abbiamo agito in buona fede e nel pieno rispetto della legge. Resisteremo in tribunale».
A occhio e croce la Coca Cola ha torto marcio. Bastava che chi ha avuto la bella pensata all’origine della vicenda avesse ricordato il senso del dialogo fra George Peppard, il protagonista maschile di Colazione da Tiffany, e un commesso della gioielleria.
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