Sei anni indimenticabili

Ancona, stadio del Conero, 1° settembre 2003. Sombrero, dribbling, lancio illuminante per Cafù, gol di Shevchenko. Una giocata da numero uno per presentarsi ai nuovi tifosi rossoneri. Eccomi, sono Ricardo Izecson dos Santos Leite, meglio se mi chiamate Kakà. Vero, il mio cognome può far sorridere, ma di una cosa potete stare certi: con me vi divertirete. Promessa mantenuta.
Kakà arriva al Milan nell’estate 2003, su consiglio di Leonardo: ha solo 21 anni, ma in due stagioni con la maglia del San Paolo ha già dimostrato il suo valore. Ventitré gol in 59 presenze possono ben valere i 17 miliardi delle vecchie lire che il Milan versa nelle casse del club brasiliano per portarlo a Milano. Rui Costa sta sparando ormai le ultime cartucce e a Milanello serve un nuovo trequartista. Anche se all’inizio in molti storcono il naso: al Milan serve un forte difensore centrale per puntellare una difesa un po’ troppo ballerina, i tifosi sognano l’arrivo dell’olandese Stam, invece arriva un «doppione» di Rui Costa e di Rivaldo. Mai scelta fu più azzeccata.
In rossonero, Kakà vince tutto quello che un calciatore può solamente sognare di vincere: uno scudetto, due Supercoppe europee, una Supercoppa italiana, una Champions league e una Coppa del mondo per club. Senza dimenticare il Pallone d’oro, arrivato nel 2007 e il mondiale vinto col Brasile nel 2002. Ricardo è la sintesi perfetta del calciatore moderno: forte e veloce, praticamente imprendibile quando parte palla al piede in campo aperto. Il tifo rossonero si innamora praticamente subito di quel fenomeno col viso pulito. Un campione in campo e fuori.
La storia di Kakà non è la solita favola del ragazzino brasiliano, che mangia riso e fagioli nelle favelas con qualche dramma familiare alle spalle. Il contrario. La famiglia appartiene alla media borghesia. Il padre di Kakà è un ingegnere civile, il signor Bosco Izecson Pereira Leite, mentre la mamma Simone Cristina dos Santos Leite è una professoressa: i soldi per la famiglia di Ricardo non sono mai stati un problema. Quando giocava nelle giovanili del San Paolo, con lui c'erano tanti ragazzi poveri e spesso dopo l'allenamento tutta la squadra andava a casa Leite a fare merenda: 1.400 metri a piedi per sgranocchiare le ciambelle di mamma Simone Cristina.
Nella stagione 2006-07, la stagione più bella, quella culminata con la vittoria della Champions league e del Pallone d’oro, Ricardo prende per mano il Milan, segna 10 reti in 15 partite e mette a ferro e fuoco le difese di Celtic, Bayern Monaco, Manchester United e Liverpool.

Sembra il coronamento di un matrimonio indistruttibile che però inizia a vacillare ben prima della crisi del settimo anno. Lo scorso gennaio, si fa avanti il Manchester City e Kakà scopre di non essere incedibile. I tifosi lo convincono a restare, ma quando a bussare è il Real Madrid... tutti sappiamo come va a finire.

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